DAILY LA PAROLA

Sterminare

La radice originaria del verbo sterminare è la locuzione latina  ex terminus, ovvero oltre il confine, nel senso di respingere qualcosa oltre l’ultima demarcazione della  terra natia o contrada sotto la propria autorità.

Il senso originale di sterminare è quindi quello di un esilio piuttosto brutale, una rimozione forzata, qualcosa di più simile a una deportazione; eppure al giorno d’oggi il termine sterminare viene usato per indicare la rimozione totale di un gruppo di individui non esclusivamente nel senso di espulsione di un gruppo di invasori o intrusi, ma persino per quanto riguarda un riassetto etnico da effettuare a casa altrui, senza tanti complimenti per l’autodeterminazione degli “altri”.

Non sorprende che ci sia stato questo scivolamento di significato perché tale azione dopotutto non è nuova, ben da prima che “Exterminate” o “Exterminator” venisse usata per pubblicizzare i derattizzatori statunitensi del primo Novecento e gli insetticidi all’ultimo grido e negli stessi anni la campagna del Bureau contro la criminalità organizzata; possiamo ripensare  alle razzie terrificanti degli unni e dei mongoli, che contribuirono ad autentiche distruzioni etniche nel cuore dell’Asia, e più o meno negli stessi anni, alle crociate contro i pagani e i catari pure loro nativi dell’Europa.

In entrambe i casi si è ricorso all’eliminazione totale di interi centri abitati.

Poi ripensiamo ad altri eventi storici: alla grande epidemia di vaiolo che ha falcidiato le popolazioni americane dopo l’arrivo degli europei, alle guerre eterne dei regni e dei popoli africani precedenti alla venuta degli Imperi esterni, al conflitto animoso fra Sciti e Sunniti con relative purghe, e come non ricordare la notte di San Bartolomeo? Ben prima che lo sterminio assumesse nell’immaginario collettivo l’immagine del campo di concentramento nazionalsocialista, l’annichilimento totale del nemico o di quello che ha qualcosa di cui hai tu bisogno era già un’arma meravigliosa nell’arsenale del genere umano.

Il grande vantaggio tattico è che poi puoi prenderti assolutamente tutto quello che il tuo “nemico” possedeva, dopo che gli hai tolto il diritto a esistere.

Non scordiamoci che il vero “campo di sterminio” era un’invenzione ben anteriore alla Germania hitleriana, infatti il totalitarismo stalinista ne aveva dato prova con i Gulag, ma i veri prototipi erano stati pianificati dalle potenze coloniali europee, certo non come finalizzati alla dissoluzione di un gruppo umano come quelli nazisti, ma sicuramente brutali, atti a eradicare legami politico-sociali e spesso letali a causa delle contingenti inefficienze; molte persone morirono nei primi “campi di concentramento” usati dal governo britannico per gestire la popolazione boera dopo la guerra anglo-boera.

È impossibile stabilire una geneloagia da “peccato originale” dello sterminio, perché appunto le guerre di sterminio sono qualcosa che esiste fin dall’alba dei tempi, sebbene nel tempo si siano succedute diverse manifestazioni ideologiche e di volta in volta il modo di attribuire l’alterità alle vittime dello sterminio sia stato cambiato, dal reato di aver insultato un re straniero fino all’accusa di eresia, ma nei casi più recenti la ragione risiede quasi sempre nel dettaglio ineludibile di appartenere ad un determinato gruppo etnico.

L’ultima motivazione, come descritto da Hanna Arendt nel suo saggio Le Origini del Totalitarismo potrebbe essere la più efficace nel giustificare l’eliminabilità della popolazione da sterminare, perché i membri di un dato popolo, se caratterizzati essenzialmente da una connotazione biologica, non possono esserne “rieducati” come i kulaki internati o i bambini aborigeni australiani sottratti alle famiglie d’origine e dati in adozione a famiglie bianche, ma possono sfuggirne solo con il termine delle funzioni vitali.