Ci sono momenti nella vita in cui si provano sensazioni così forti da sentirsi quasi fuori da se stessi. Capita con le grandi sofferenze, le grandi gioie e i grandi stupori. Capita quando il flusso delle emozioni sembra tale da non poter essere nemmeno controllato. Come quello che è avvenuto allo scrittore francese Stendhal quando, fuori dalla chiesa di Santa Croce a Firenze, venne colto da capogiri, vertigini e tachicardia, incapace di controllare la bellezza senza tempo di cui si era riempito gli occhi.
Capita, così, di trasecolare, di uscire da stessi per poco tempo e di viaggiare nel flusso continuo dei sentimenti e delle emozioni. L’origine della parola sembra provenire da secolo, che nell’uso desueto indica il mondo terreno: dunque, tra-secolo e esco dal mondo dal terreno per arrivare in un’altra sfera dove non si ha pieno possesso di sé. Sono quelli i momenti in cui si è stupiti per la troppa meraviglia, quei momenti in cui il corpo terreno non sembra in grado di contenerci e c’è bisogno di raggiungere un’altra dimensione dove dare libero sfogo alle proprie emozioni.
È una parola, trasecolare, che riesce bene a rendere il suo significato: dà proprio la sensazione dall’uscita da qualcosa, da un mondo terreno che ci tiene prigionieri e non dà la possibilità di lasciarsi andare alla meraviglia. Trasecolare racchiude in sé tutto lo sgomento che si prova in certe situazioni, tutta la potenza delle emozioni e tutto il desiderio di abbandonare, almeno per un momento, la propria attuale casa terrestre. E per quanto spesso si tenda a dare a queste situazioni un’accezione positiva, le emozioni possono anche essere negative e farci trasecolare, per la paura, per lo spavento, per l’angoscia. «Trasecolò come spaventato da un’improvvisa apparizione», ha scritto, ad esempio, Grazia Deledda. Trasecolare e spostarsi in un nuovo mondo, per poi tornare in sé e essere in grado di rielaborare l’esperienza vissuta.