«…Una stella di massa poco superiore a quella del sole subirà una contrazione inarrestabile e la sua luce apparirà spostata verso il rosso fino a quando l’astro diverrà invisibile…»
Sembra una maledizione tratta dall’Apocalisse di Giovanni, in realtà è un enunciato della teoria dei buchi neri dei fisici Oppenheimer e Snyder, parte di un lavoro dal titolo “Sull’attrazione gravitazionale continua”, pubblicata il 10 luglio 1939 sulla prestigiosa “Physical Review”.
Nel lavoro si affrontava il problema di cosa potesse accadere a una stella al termine della sua vita, ossia quando il combustibile nucleare fosse esaurito e nessuna forza fosse più in grado di arrestare il collasso indotto dalla forza di attrazione gravitazionale.
In soldoni, una stella, nelle ultime fasi della sua vita, subisce una contrazione inarrestabile che risucchia al suo interno tutta la materia; neanche la luce riesce ad uscire per l’incredibile forza di attrazione di questo vortice che continua ad inghiottire tutto ciò che lo circonda. In tempi recenti lo studio sui buchi neri è stato portato avanti dal più noto Stephen Hawking.
La cosa singolare dei Buchi Neri è che sono una teoria, o meglio, fisica teorica, in quanto non emettendo radiazioni non possono essere osservati direttamente e vale anche per la cosiddetta foto del secolo che ritrae Il buco nero M87 scoperto da Katie Bouman, ricercatrice 29enne dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics.
La giovane è esperta nel misurare entità invisibili sviluppando algoritmi che trovino l’immagine che meglio di ogni altra rappresenti i dati registrati dalle radioantenne del network di EHT. Si tratta di costruire un’immagine attraverso i “rumori” del cosmo quindi non ci troviamo davanti ad una fotografia nel senso classico del termine, ma per la precisione, è la trasposizione nel visibile di emissioni elettromagnetiche che l’occhio umano non è in grado di vedere, raccolte invece dai radiotelescopi.
Si stima che nella Via Lattea ci siano circa 100 milioni di buchi neri di massa relativamente contenuta e un buco nero supermassiccio al suo centro. Fortunatamente, nessuno di questi è abbastanza vicino da rappresentare un pericolo per il Sistema Solare.
«Einstein […] sbagliò quando disse: «Dio non gioca a dadi». La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonda gettandoli dove non li si può vedere».
(Stephen Hawking)