DAILY LA DATA

14 dicembre 1908
Nasce Doria Shafik

Attivista per i diritti delle donne egiziane, Doria Shafik ha pagato il suo impegno pubblico con una lunghissima reclusione domestica dalla quale ha potuto evadere solo grazie alla scrittura

Alcune persone nascono con la missione di cambiare un pezzo di mondo, e semplicemente lo fanno. Doria Shafik, poeta, scrittrice e attivista egiziana, era una di queste persone. Nata il 14 dicembre del 1908 a Mansura, perse la madre quando aveva dodici anni, vivendo “un trauma profondo e incurabile, una ferita così grande che ha segnato, con la sua desolazione, tutta la mia vita”.

A trent’anni era già una donna di talento con un dottorato in filosofia. Nonostante la sua giovane età aveva pubblicato saggi e poesie sia in arabo che in francese, aveva partecipato a un concorso di bellezza arrivando seconda per il titolo di Miss Egitto e aveva fondato un’organizzazione di femministe egiziane. Tuttavia, avrebbe fatto cose ancora più grandi per i diritti delle donne egiziane.

Nel 1923, dopo aver vissuto a lungo con la famiglia della madre, andò a vivere a casa di suo padre, ad Alessandria, dove venne iscritta alla scuola delle missionarie di Saint-Vincent de Paul, una delle migliori d’Egitto. Alessandria e quella scuola erano ambienti cosmopoliti, c’erano notizie internazionali che circolavano liberamente. Fu in quel periodo che Doria sentì parlare di Huda Shaarawi, e delle vittorie del movimento femminista egiziano; decise di conoscerla, le scrisse una lettera e poi andò al Cairo per incontrarla; con l’aiuto di Huda Shaarawi ottenne una borsa di studio del ministero dell’educazione e andò a studiare in Francia. Si laureò in Filosofia a Parigi, alla Sorbona; durante il suo periodo parigino approfondì il suo interesse per il ruolo delle donne nella società, questione che sarebbe rimasta al centro della sua vita. Tornò a casa e poi di nuovo a Parigi, per il dottorato di ricerca; lì incontrò un suo cugino che non vedeva da molto tempo, anche lui dottorando alla Sorbona, e nel 1937 lo sposò. Rimasero assieme fino al 1968 ed ebbero due figlie, Aziza nel 1942 e Jehan nel 1944.

Nel 1947 Huda Shaarawi morì, e il movimento femminista egiziano rimase senza un punto di riferimento. Fu allora che Doria decise di entrare attivamente in politica. Alla commemorazione di Huda lesse un discorso che si conclude come un vero e proprio programma d’intenti: «Questo quarantesimo giorno dalla morte di Huda Shaarawi dimostra il peso di tutto ciò che ha fatto per gli egiziani e per tutti i popoli dell’oriente. Ricordatevi di lei, perché il ricordo serve a rinforzare la fede e perché essa ha lottato per creare una società fiera e colta. Ricordatela fino a quando capirete il vostro debito nei suoi confronti. È vissuta per voi ed è anche morta per voi. Ed io mi accerterò che il nostro lutto ci serva a continuare quello che lei ha iniziato… dovete consolidare il suo ricordo lottando. Se le donne imparano a leggere e scrivere, se vanno all’università, se lavorano nei campi, se vanno nei ristoranti e se un giorno entreranno in parlamento, tutto ciò servirà a ricordare Huda Shaarawi molto meglio delle nostre lacrime e dei nostri lamenti per la sua morte.»

Il 19 febbraio 1951 fece un’azione davvero rivoluzionaria: organizzò un congresso in una sala dell’Università americana del Cairo, invitando 1.500 donne. L’incontro in realtà non era affatto un congresso, come aveva dichiarato per eludere la polizia: “La nostra riunione di oggi non è un congresso ma un parlamento. Uno vero! Quello delle donne ”, dichiarò Shafik. E con quelle parole guidò il gruppo di donne attraverso le porte di marmo del parlamento egiziano, tutto maschile, chiedendo la loro attenzione. Per più di quattro ore i decisori del paese furono costretti ad ascoltare le richieste delle donne: diritto di voto, opportunità di fare politica, parità di retribuzione. Quest’azione non fu molto efficace nell’immediato, ma rese Doria Shafik una delle donne arabe più ispiranti, la rese estremamente popolare. Fu arrestata, ma il processo non venne istruito.

La situazione politica dell’Egitto era piuttosto instabile: Israele aveva occupato suoi territori e gli ex colonialisti inglesi continuavano ad andare e venire dal canale di Suez senza nemmeno avvisare le autorità egiziane. Doria decise di presentarsi alle elezioni illegalmente, dato che le donne non potevano fare politica, e fondò il partito delle donne, Bint al Nil. Ma con un colpo di stato militare, nel 1952, fu abrogata la costituzione egiziana, nazionalizzata la stampa, aboliti i partiti politici; per scrivere una nuova costituzione fu nominata una commissione di cinquanta uomini.  Nel 1954, la salita al potere del nuovo presidente Gamal Abdel Nasser segnò una ulteriore restrizione dei diritti civili degli egiziani: fu imposta la legge marziale, le elezioni vennero rinviate a tempo indeterminato. Per il diritto delle donne al voto e alla partecipazione alla vita politica del paese non c’era più nessuna speranza.

Sull’esempio di Gandhi, Doria e altre otto donne della sua organizzazione iniziarono uno sciopero della fame nella sede del sindacato dei giornalisti, per protestare contro l’assenza delle donne dalla commissione per la nuova costituzione. Nel 1956 entrò in vigore la nuova costituzione, che prevedeva che le donne potessero votare, ma solo se avevano studiato, mentre gli uomini potevano votare in ogni caso. Doria fece un nuovo sciopero della fame, chiedendo la fine della dittatura in Egitto, ed il ritiro delle forze israeliane dai territori egiziani occupati. La reazione fu durissima: accusata di tradimento, venne arrestata e detenuta ai domiciliari, le riviste che aveva fondato vennero chiuse, i suoi scritti vennero distrutti, il suo nome bandito da ogni pubblicazione; le donne che l’avevano sostenuta la abbandonarono.

Esiliata in casa, Doria scrisse la propria autobiografia tre volte di seguito, due volte in francese e una in inglese. Scrisse moltissime poesie, si appassionò a Dante al punto da imparare l’italiano per poterlo leggere, riconoscendosi nella sua figura di esule e nel suo viaggio all’Inferno. Un inferno in terra la sua reclusione, mentre fuori la repressione e i servizi segreti seminavano il terrore imprigionando chiunque criticasse anche solo blandamente l’operato del governo. Sua figlia Aziza fu costretta ad emigrare, lei rimase prigioniera fino alla morte di Nasser. Quando Anwar El-Sadat, nel 1970, firmò il nulla osta per la sua liberazione, Doria Shafik era così provata dagli anni di detenzione casalinga da decidere di restare in solitudine, pur occupandosi molto della nipote e potendo ormai uscire di casa e dal paese. Morì cinque anni più tardi, volata dal sesto piano al quale abitava; sulla sua morte i pareri sono discordanti: suicidio, capogiro, oppure omicidio? Finalmente libera dalla galera che le aveva spezzato l’anima, questo è sicuro.