Due atleti di colore un bel giorno si presentarono davanti al mondo e con un semplice gesto misero in crisi il sistema di ipocrisia politica nel quale esso galleggiava. Stiamo parlando del 1968, il 16 ottobre 1968, allorché gli atleti statunitensi, entrambi di colore, Tommie Smith e John Wesley Carlos furono espulsi dalla nazionale olimpica perché pochi giorni prima, durante la cerimonia di premiazione alle Olimpiadi del Messico dopo la finale dei 200 m (in cui erano giunti rispettivamente 1° e 3°), erano saliti sul podio scalzi ed avevano ascoltato l’inno nazionale a capo chino, sollevando un pugno con un guanto nero, a sostegno del movimento Olimpic Project for Human Rights.
Thomas C. Smith, detto Tommie, era il più famoso dei due. Era un ex velocista e giocatore di football americano. Fu il primo uomo al mondo ad aver corso i 200 metri in meno di 20 secondi. Il loro pugno chiuso divenne il simbolo della lotta per i diritti e fece scalpore in tutto il pianeta. Oggi, considerate le veementi proteste del presidente Usa per gli atleti di colore e non di colore che prima di ogni gara, durante l’inno americano, contestano la discriminazione ancora esistente negli Stati Uniti inginocchiandosi con il capo chino, oggi, dicevamo, Trump li condannerebbe ancora una volta, esattamente come 51 anni fa. La battaglia è ancora lunga.