La Grande Barriera Corallina si estende per 2.300 chilometri al largo della costa nordest dell’Australia. È considerata patrimonio mondiale dell’Unesco perché è la più grande struttura vivente al mondo. Protetta da una Authority come Parco Marino, viene sottoposta ogni cinque anni ad una valutazione da parte di esperti, i quali quest’anno hanno declassato da cattive a pessime (da “poor” a “very poor”) le sue prospettive.
Si è dunque registrato un declino molto rapido imputabile, secondo gli esperti, al cambiamento climatico che viene ritenuto la minaccia principale. I banchi corallini, infatti, hanno subito le conseguenze di due ondate successive di calore che hanno comportato un loro sbiancamento nel 2016 e nel 2017 e la perdita estesa di habitat e degrado, con impatto su pesci tartarughe e uccelli marini. Sulla Grande Barriera corallina australiana incombono anche le minacce dell’inquinamento da scarichi agricoli, dello sviluppo urbano costiero e dell’utilizzo umano, come la pesca illegale.
Gli autori avvertono che le difficoltà della barriera non si attenueranno se non vi sarà un’azione urgente, nazionale e globale, per affrontare la crisi climatica: «La finestra di opportunità per migliorare il futuro di lungo termine della barriera è adesso».
È di qualche giorno fa la notizia della scoperta di una distesa di pomice grande come Manhattan, nata da un vulcano, che si sta spostando verso l’Australia e che, se raggiungerà la Grande Barriera, potrebbe essere una importante fonte di cura.
Da ieri al 6 settembre, per la prima volta dall’edizione di esordio del 1971, il congresso mondiale sui coralli si terrà in Italia, a Modena. Sono attesi esperti da 23 Paesi.
Fonte: Ansa