DAILY LA DATA

2 luglio 1938
Nasce Detective Casey, l’ispettore Manetta

Nato dalla matita di Floyd Gottfredson e dall'immaginazione di Merrill De Maris, la sua prima storia s'intitola "The Plumber's Helper" (in italiano "Topolino e la banda dei piombatori ")

Ha già compiuto ottant’anni ma, come il buon vino, invecchiando è divenuto migliore: ha messo (un poco) da parte la gelosia per l’amico-nemico Topolino, si è preso un pezzetto di scena. Lui è l’ispettore Manetta, all’anagrafe Detective Casey, classe 1938. Il 2 luglio di quell’anno lo vediamo sbucare per la prima volta dalla matita di Floyd Gottfredson e dall’immaginazione di Merrill De Maris; la storia s’intitola The Plumber’s Helper (in italiano Topolino e la banda dei piombatori e il povero Manetta non ci fa una figura gloriosa: burbero, scortese e piuttosto ingenuo, la spalla fedele del commissario Basettoni incarna alla perfezione lo stereotipo del poliziotto irlandese vecchio stampo (modi spicci, vedute ristrette, sigaro perennemente in bocca). Accanto all’agile, irritante Mickey Mouse, Casey – cane antropomorfo un po’ tonto – fa sempre la parte del più lento di comprendonio.

Eppure, da Outwits the Phantom Blot (Topolino e il mistero di Macchia Nera) dell’anno successivo – vera e propria striscia di culto per gli appassionati del genere – , Manetta resta ben fisso nel suo ruolo, specie per quanto riguarda le storie Disney create in Europa. Detective Casey non ha il fisico del trasformista,  ma la sua dedizione andrebbe premiata: si traveste da vecchietta, con la trascurabile dimenticanza di un bel paio di baffi e, una volta –  memorabile – riesce perfino ad ingannare il cavilloso Topolino. Ne andrà sempre molto fiero. Non è privo, Manetta, di una sorta di di stolida autostima; si vanta di continuo delle proprie abilità investigative, anche se di solito è disattento, pressapochista, fino a lasciarsi sfuggire il cattivo di turno ed arrestare degli innocenti. Di solito pensa che sia stato Topolino, tanto per vendicarsi un po’.

Comunque, in commissariato Manetta è, a suo modo, un punto fermo, perché ci prova, ci prova con tutte le sue forze. La buona volontà del detective ha intenerito – specie dagli anni Novanta in poi – alcuni straordinari autori del mondo Disney, come il disegnatore Giorgio Cavazzano e lo scrittore Tito Faraci. Per questo eroe dell’ordinaria amministrazione (perché un commissariato non va avanti solo con i casi rocamboleschi di Topolino&Company), Cavazzano e Faraci hanno riservato un ruolo da protagonista nella storia La lunga notte del commissario Manetta, appioppandogli un rivale – il rude texano Rock Sassi –, apparentemente un duro, ma in realtà ancora più stupido di Casey. Rock Sassi sembra la versione comica (sia caratteriale che fisica) di Arnold Schwarzenegger, e dovrebbe sostituire Manetta che ha ottenuto la promozione e dovrebbe lasciare Topolinia; la vicenda, irresistibile, si complica con l’arrivo dalla Francia di un quadro prestato al museo locale, che fa gola ai soliti noti (soprattutto Gambadilegno e Macchia Nera).

Cavazzano non è nuovo alla rivisitazione di grandi classici della letteratura e del cinema (basti pensare alla versione a fumetti de La strada di Fellini, un capolavoro d’intelligenza creativa); Faraci vi aggiunge una verve umoristica e un ritmo che, finalmente, rendono onore al povero Manetta. Così l’avventura che, dal titolo, può ricordare La calda notte dell’ispettore Tibbs, avrà un seguito, fino a costituire un vero e proprio ciclo dedicato ai due cocciuti poliziotti. Cavazzano e Faraci, prima di altri – con eleganza e perfetti tempi scenici – hanno visto giusto: c’è più comicità (calda, vicina) in chi perde, e ci riprova sempre, che nella perfetta logica del topo eroe. Dunque, lunga vita a Manetta.