DAILY LA DATA

29 agosto1991
Uccisione di Libero Grassi

Ucciso dalla mafia per non voler pagare il pizzo, Libero Grassi è divenuto simbolo della lotta contro la criminalità

Palermo, 29 agosto 1991: alle sette del mattino, quattro colpi di pistola freddano Libero Grassi mentre si reca a piedi al lavoro. L’imprenditore siciliano, poco tempo prima, ha osato denunciare pubblicamente le richieste di racket della mafia. Nel gennaio di quello stesso anno, il «Giornale di Sicilia» ha pubblicato una lettera, in cui Grassi dichiara coraggiosamente il suo rifiuto di pagare il pizzo: «Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere». Libero Grassi fa nomi e cognomi (i fratelli Avitabile, arrestati il 19 marzo 1991 con un complice) e rifiuta l’offerta di una scorta. Sicilindustria gli volta le spalle. Un personaggio scomodo, dal nome importante e profetico: l’hanno scelto i suoi genitori, in ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. Quella di Grassi è una famiglia antifascista, in cui anche Libero matura una profonda avversione per il regime mussoliniano. Classe 1924, durante la guerra studia Scienze Politiche e si avvicina al Partito d’Azione. Scegliendo di non combattere al fianco di nazisti e fascisti, entra in seminario, per uscirne dopo la Liberazione. Ritorna quindi a Palermo, per studiare Giurisprudenza; poi, decide d’entrare nel mondo dell’imprenditoria: prima a Gallarate, successivamente nel capoluogo siciliano, dove apre uno stabilimento tessile.

Nel 1955, con la moglie, è al fianco di Marco Pannella, partecipando alla fondazione del Partito Radicale; tenta, in seguito, la carriera politica nelle file del Partito Repubblicano Italiano. Una vita in prima linea, quella di Libero Grassi, sempre limpida, assetata di verità e di giustizia. Fino a quel 29 agosto. Una grande folla prende parte al suo funerale e tutti ricordano le dita levate in segno di vittoria di suo figlio Davide, mentre porta la bara, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Un gesto significativo: qualche mese più tardi, è varato il decreto che conduce alla legge anti-racket 172, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione. Nell’ottobre è arrestato il killer Salvatore Madonia, detto Salvino, figlio del boss di Resuttana e il complice Marco Favaloro (che poi si pentirà, contribuendo alla ricostruzione dell’agguato). Madonia sarà condannato al 41-bis, e con lui l’intera cupola di Cosa Nostra, con sentenza del 18 aprile 2008.

 

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