È ormai la tarda sera del 3 giugno 1928 nello sperduto villaggio di Vochma, in Russia, quando il giovane radioamatore Nicolaj Schmidt capta una richiesta d’aiuto inviata dai superstiti del dirigibile Italia, precipitato sui ghiacci del Polo nord.
Nato a Kijev nel 1906, Nicolaj era vissuto prima a Vladivostok e poi a Novgorod; il padre era insegnante e il ragazzo aveva frequentato le scuole secondarie. Alla morte dei genitori, andò a vivere dalla famiglia di un amico a Vochma, dove trovò un’occupazione precaria come operatore nel cinema locale. Fin da piccolo aveva sviluppato la passione per le radiocomunicazioni e a Vochma aveva costruito un ricevitore, seguendo le istruzioni di una rivista tedesca. Aveva anche perfezionato la conoscenza dell’alfabeto Morse e costituito un club dove insegnava ai ragazzini il funzionamento della radio.
L’s.o.s inviato da Giuseppe Biagi, radiotelegrafista del dirigibile Italia, precipitato il 25 maggio sul pack, durante il sorvolo dell’Artico, arrivò casualmente a 1.900 chilometri di distanza. Ma ciò che Schmidt riuscì a capire bastò per lanciare l’allarme. Biagi stava inviando il messaggio da giorni, senza successo, utilizzando un semplice trasmettitore ad onde corte, che faceva parte della dotazione di emergenza. Il 4 giugno la notizia arrivò all’Ambasciata italiana, che a quel punto fu in grado di mettersi in contatto con Biagi e ricevere informazioni per indirizzare le ricerche dei dispersi.
Finalmente, il 12 luglio, gli otto superstiti del dirigibile, fra cui il comandante Umberto Nobile, furono avvistati da aerei italiani e tratti in salvo dalla nave rompighiaccio russa Krassin.