Nata a Cairo Montenotte in provincia di Savona, terra di socialisti come Sandro Pertini, Ines Oddone è stata sindacalista rivoluzionaria, socialista, giornalista, insegnante, e in tutto quello che ha fatto ha aperto strade, senza mai risparmiarsi.
Da bambina girò per l’Italia con la famiglia appresso al padre ingegnere delle ferrovie e studiò per diventare maestra; nel 1904 sposò a Bologna Giovanni Bitelli, anche lui maestro, assieme al quale aderì alla corrente sindacalista rivoluzionaria, diventandone dirigente nazionale.
Nel gennaio del 1905 partecipò come delegata al terzo Congresso Nazionale della Resistenza, che si tenne a Genova insieme al quinto Congresso Nazionale delle Camere del Lavoro. Il 5 luglio dello stesso anno pubblicò il primo numero di «La donna socialista», un giornale di propaganda socialista per le lavoratrici che lei definiva “un giornaletto” e che uscì per 39 numeri, fino all’aprile 1906, quando Ines era già a Gallarate, dove si era trasferita con il marito nominato segretario della locale Camera del Lavoro.
Nonostante una serrata campagna abbonamenti, il giornale pesava molto sul piano economico, spesso costringendo Ines a rinunciare a qualche trasferta per partecipare a iniziative politiche. Era il terzo tentativo in Italia di creazione di un giornale femminile socialista, dopo «Eva» di Rina Melli e «Cronache femminili» di Emilia Mariani, ostacolato anche dalla censura e da provvedimenti giudiziari, in particolare per articoli di propaganda antimilitarista. La rivista era entrata nel mirino del procuratore del Re a Bologna e veniva sequestrata anche quando pubblicava scritti già pubblicati o di libera circolazione come un articolo di Tolstoj, Reclute russe, già pubblicato nella Critica sociale di Turati e in opuscoli da cinque centesimi.
Ma «La donna socialista» intendeva mostrare alle donne molte altre cose, a cominciare dal doppio sfruttamento che subivano, come proletarie e come donne: «la donna per 15 ore al giorno non ricava che la metà di quello che viene dato all’uomo», scriveva Ines il 2 settembre 1905. Le donne dovevano svegliarsi, imparare a conoscere i propri doveri e i propri diritti, combattere assieme all’uomo ed entrare nelle leghe di mestiere, il primo nucleo delle forze proletarie; il giornale riservava alle lettrici anche una rubrica, “La parola alle lavoratrici” perchè in un giornale per donne dovevano scrivere soprattutto le donne.
Dopo la chiusura del giornale Ines diresse il settimanale «La lotta di classe», pubblicato dalla Camera del Lavoro di Gallarate, e
nella rubrica “La parola alle donne”, che inserì in prima pagina, continuò la battaglia per l’emancipazione femminile approfondendo argomenti di cui aveva già scritto ne «La donna socialista» come la maternità, l’antimilitarismo, il voto alle donne, le molestie sul luogo di lavoro, e scrivendo di argomenti nuovi come il divorzio, l’aborto, l’educazione sessuale.
Anche qui la censura non tardò ad arrivare, con incriminazioni e sequestri; quando fu condannata a quattro mesi e quindici giorni di carcere senza la condizionale fu anche sospesa dall’incarico di insegnamento ricevuto dal Comune di Gallarate nel 1906, ma il provvedimento prefettizio fu contrastato sia dalla giunta comunale, sia dal sostegno popolare. Ines Oddone riparò a Lugano per sfuggire alla cattura, continuando a dirigere «La lotta di classe» e insegnando in un paese vicino alla città svizzera. Quando riuscì a ritornare a Gallarate grazie a un’amnistia, si dedicò alla riorganizzazione dell’attività della Camera del Lavoro, trovando anche il tempo di insegnare gratis ai figli degli operai.
Morì a quarant’anni, per un’appendicite; era una donna amatissima e i suoi funerali furono imponenti, vi parteciparono oltre diecimila persone arrivate da tutta Italia. Ines Oddone non fu dimenticata, a lei addirittura è dedicata qualche strada, cosa davvero rara per una donna.