CRITICA LIBRI

Ecco cosa senti quando scopri “La Tregua”

Nel mio girovagare per mercatini dove si vende un po’ di tutto sono sempre attratto da libri che sembrano non avere più una casa o una libreria.

Mi sono imbattuto ne La Tregua di Primo Levi, edizione pubblicata da Giulio Einaudi nel 1965. Non è la prima edizione, che uscì due anni prima.

Avevo letto di questo autore nel 1980 Se questo è un uomo. La lettura mi era stata commissionata dal gestore della libreria di Firenze in cui lavoravo come fattorino e quando mi chiese un giudizio sull’opera risposi che non avevo mai trovato fino a quel momento una scrittura cosi bella, malinconica e profonda.

La Tregua, nell’edizione del 1965, ha una prefazione dello stesso autore. Narra, come probabilmente molti sanni, del lungo peregrinare di Levi attraverso Polonia, Ucraina, Russia, Romania, Ungheria ed Austria prima di raggiungere finalmente casa dopo la liberazione dal campo di concentramento Auschwitz nel campo di lavoro di Buna.Monowitz.

Un peregrinare pieno di traversie che mi ha fatto pensare a Ulisse nel lungo viaggio di ritorno verso la sua casa e la sua amata famiglia.

Usando in punta di piedi le parole dell’autore, il libro trova la sua essenza narrativa in questo passo:

Roma – 04 / 07 / 1979
33° Premio Strega
Nella foto: Il vincitore Primo LEVI, con il romanzo ” La chiave a Stella “
FARABOLAFOTO ( 863261 )

«Cosi per noi l’ora della libertà suonò grave e chiusa, e ci riempi gli animi ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso di pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre memorie della brottura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo che questo non poteva avvenire, che nulla mai più sarebbe potuto avvenire di cosi buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell’offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia».

L’autore ci accompagna nel racconto del ritorno con i suoi compagni di sventura facendoci vivere nel momento stesso e nel luogo stesso dove questo avviene.

Primo Levi è uno scrittore semplice e profondo facile a leggersi e a comprendersi. Quello che invece non riusciremo mai a comprendere sono il male ed il dolore che in ogni tempo vengono procurati agli esseri umani, ai popoli, alle etnie, ai continenti. Ma leggendo Primo Levi ci si avvicina a comprendere che non deve essere mai più così.

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