DAILY LA PAROLA

Denti

Le tante locuzioni in cui la lingua italiana si avvale della parola denti. Tante e curiose

Non ha bisogno di grandi spiegazioni questa parola a tutti ovviamente nota, avendo, o almeno avendo avuto, tutti quei 20 “denti da latte” nella prima dentizione, e poi 32 “organi” (così li definisce il vocabolario Treccani) di cui ci si avvale per masticare o mordere, vale a dire nutrirsi e difendersi, a meno che non si voglia entrare in trattazioni specialistiche.

Quelle competono ai dentisti, i quali, per la precisione, si chiamano “odontoiatri”  mettendo insieme il suffisso d’origine greca iatra – condiviso con gli psichiatri, i geriatri, gli otorinolaringoiatri e così via – ad indicarne la professione medica, e la parola odonto che in quella lontana lingua indicava appunto i denti, e di cui ci si avvale in parole come odontostomatologia o odontorragia.

Entrando nel loro universo il vocabolario si arricchirebbe di termini come corona, radice, gengiva, alveolo, smalto, polpa, arcate e molte altre ancora. Più vicini a tutti gli altri i termini con i quali, anche in base alla loro funzione, si definiscono i denti a seconda di dove si trovino in bocca: incisivi, canini, premolari e molari. Di quest’ultimi, che son come delle mole preposte a macinare, e più precisamente dei “terzi molari” (spuntano in genere fra i 18 e i 21 anni) è interessante ricordare che solitamente vengono chiamati “denti del giudizio” e, in forma più dotta, “denti della saggezza” o “della sapienza”, derivando dall’arabo “ḍirs al-ḥilm”.

Più appassionante, invece, è addentrarsi nelle locuzioni in cui ci si avvale per usi figurativi della parola denti e dei verbi che ad essi vengono associati.

Si sa che «la lingua batte dove il dente duole», vale a dire che il discorso casca sempre su ciò che più sta a cuore, e forse questa è la ragione per cui è stata scelta questa parola oggi. Si sa che, come dice la Bibbia, «occhio per occhio, dente per dente», e in quel caso è bene «essere armati sino ai denti» affinché l’altro finisca per «regger l’anima coi denti» . Si sa che qualcuno ha qualcosa da «mettere sotto i denti» e qualcuno, invece, «resta a denti asciutti», anche solo nel senso che rimane deluso in qualche sua speranza.

Si potrà obiettare che nel caso di quest’ultimo non sia «pane» o «boccone per i suoi denti», intendendo che non abbia la capacità di fare o non meriti di ottenere qualcosa, ed egli, all’obiezione, dopo aver «brontolato fra i denti», a mezza voce, quasi fra sé, avendo messo a fuoco un pensiero che non sia «tirato coi denti», ossia stiracchiato e portato per forza al significato voluto, «mostri i denti», infine «parli fuori dei denti» mostrando quanto «abbia il dente avvelenato».

È ragionevole ritenere che – se riuscisse a sopire il rancore e l’astio contenuti nell’espressione precedente e se non si facesse sopraffare dal «dente dell’invidia, della calunnia o della maldicenza», se in altre parole il suo ragionamento non risultasse «al dente», ovvero, come si dice della pasta o del riso, a cottura non perfettamente ultimata – dall’incontro col proprio obiettore non ne uscirebbe «perdendoci i denti», cioè a mala parata.

Tralasciando lo sterminato uso che della nostra parola si fa in discipline specifiche (dai denti del pettine alle ruote dentate, dai denti di sega a quello di scatto che nelle armi serve a trattenere il percussore finché non si agisce sul grilletto), fra le quali la botanica, lo sport, l’alpinismo, la fabbricazione di pipe, l’arte (dente di lupo), compresa quella dello scalpellino (dente di cane o calcagnolo), o in cucina dove si impiegano quelli di cavallo o d’elefante per indicare dei tipi di pasta (i denti di leone appartengono invece a chi si occupa di piante e non sono altri che il tarassaco noto anche come soffione, piscialletto o pisciacane) ci sono tre espressioni che ci preme ricordare: battere i denti, digrignarli e stringerli.

La prima cosa la si fa per freddo o per paura o anche, talvolta, per nessuna delle due ma altrettanto istintivamente, per un meccanismo incontrollabile al quale non possiamo opporre niente.

I denti li si digrignano un po’ per mostrarli, com’è degli animali che intendono incutere paura e minacciare esternando la propria aggressività, ma un po’ anche perché nel sonno si è agitati, inquieti e lo si può fare fino a farsi male.

Infine i denti li si stringono. È quello che i più stanno facendo oggi per andare avanti. È per tutti loro che abbiamo scritto questa parola. Ad essi va, ovviamente, un sorriso.

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