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Diciannovismo

Diciannovismo, una parola che riassume l'inquietudine violenta dell'Italia di cento anni fa

Diciannovismo è una parola che fa esplicito riferimento a quell’insieme di fenomeni politici, sociali e culturali di tipo nazionalistico ed autoritario che caratterizzarono l’atmosfera degli anni immediatamente successivi alla prima Guerra Mondiale, culminati con la nascita dei Fasci di combattimento, antesignani del fascismo.

Coniata da Pietro Nenni, che la usò come titolo per la ripubblicazione, nel 1962, del suo saggio Storia di quattro anni scritto all’inizio degli anni Trenta, la parola Diciannovismo è stata poi riutilizzata dalla storiografia successiva per indicare quel periodo, ovvero gli anni tra la fine della Grande Guerra e la marcia su Roma, riferita agli eventi che precedettero il fascismo e ai drammatici errori compiuti dai socialisti.

Anni permeati da un clima che vide il delinearsi di rivendicazioni antiborghesi e rivoluzionarie, tra irrazionalità ed eversione inconcludente, che contraddistinsero sia i nuovi gruppi nazionalistici di destra, sia il programma del socialismo massimalista. Se i primi trovarono risposta nella formazione dei Fasci di Combattimento, i socialisti vennero sopraffatti invece dal verbalismo rivoluzionario, che non seppe dare un indirizzo preciso alle agitazioni operaie e bracciantili del dopoguerra attraverso obiettivi concreti, di reale rinnovamento della società italiana. La parola d’ordine “Fare come in Russia”, che guidò un secolo fa molte agitazioni operaie e popolari, scatenò la paura e la reazione di agrari e industriali, che trovarono nei Fasci di combattimento il proprio braccio armato per la repressione delle istanze operaie e contadine, direzionandone le velleità rivoluzionarie in chiave antiproletaria. Per approfondire, consigliamo la lettura dell’articolo di Aldo Pirone su Malacoda.

Il fascismo diciannovista è stato visto come un movimento dagli aspetti politici e culturali contraddittori, privo di un chiaro programma politico. Questa interpretazione, avanzata a suo tempo dai più acuti osservatori di area antifascista come Angelo Tasca, Pietro Nenni, Enzo Sereni e altri, per qualche aspetto si è diffusa nella storiografia, a partire dagli anni Settanta, sulla scia della distinzione introdotta da Renzo De Felice fra “fascismo-movimento” e “fascismo-regime”. Ricerche più recenti hanno invece messo in evidenza come tale movimento presentasse già in nuce alcuni aspetti della successiva esperienza totalitaria.

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