La storia e la personalità oltre la sua arte fanno di Tina Modotti una figura leggendaria. Nei primi decenni del secolo scorso una donna bella, indipendente, artista e rivoluzionaria, legata da passioni forti a uomini dalle grandi aspirazioni artistiche e politiche da lei totalmente condivise, non poteva che diventare un mito.
Con le dovute differenze si potrebbe associare a GerdaTaro, tra l’altro conosciuta durante la guerra civile spagnola.
Novant’anni fa, il 3 dicembre 1929, si inaugura all’Università Autonoma di Città del Messico una rassegna delle opere di Tina Modotti (vedi foto d’apertura), oggi la sua terra gli rende omaggio con una mostra allestita a Lestans (PN).
Curatore dell’esposizione lo storico, nonché biografo dell’artista, Gianfranco Ellero che ha ricostruito lo stesso allestimento di allora. La mostra organizzata dal Comune di Sequals con il patrocinio del Consiglio regionale, si potrà ammirare fino al 29 settembre 2019.
L’amore per il Messico
Nel 1922 Robo, pittore e marito di Tina, muore di vaiolo durante un viaggio in Messico, lei parte dagli Usa per assistere al funerale e in quella triste circostanza rimane affascinata da questa terra. Un anno dopo si trasferì in Messico in compagnia del fotografo Edward Weston, con cui aveva iniziato una relazione sentimentale e professionale. Già dai primi anni si inserì perfettamente nel rinnovamento artistico e al nascente protagonismo delle donne del Paese centroamericano.
La mostra è suddivisa in due le sezioni, la prima, Occhi di Tina, riunisce la gran parte delle fotografie della mostra del 1929, reperite grazie alla collezione di Cinemazero, immagini realizzate unicamente da Tina.
Predomina il ritratto di Julio Antonio Mella. Il giovane rivoluzionario cubano fu il suo grande amore ed inoltre al suo fianco intensificò il lavoro di fotografa impegnata e di militante politica. Mella venne ucciso, nelle vie di Città del Messico, dai sicari del dittatore di Cuba Gerardo Machado proprio mentre stava rincasando con Tina. Qui si nota la grande capacità ritrattistica della Modotti che partendo dagli insegnamenti del fotografo Edward Weston trova una sua strada piena di patos.
Si passa poi agli scatti che caratterizzano la sua arte, dal 1926 in poi, il suo obiettivo diventa strumento di indagine e denuncia sociale.
Vorrei soffermarmi su una foto Mitin (Marcha de Campesinos), in cui c’è tutta Tina Modotti: “Mitin”, i contadini sono fotografati di spalle e indossano cappelli molto simili, trasmettono un senso di unità; i sombreros di paglia che dominano la foto mettono in risalto un simbolo della cultura messicana; molti dei sombreros appaiono sfocati per rendere l’idea del movimento, una massa compatta che avanza.
Naturalmente non mancano le foto icona, come la donna con la bandiera anarchica o le donne del popolo con i loro bambini ed il loro lavoro quotidiano. Manos sosteniendo una pala, Manos de mujer lavando ropa sono le mani di uomini e donne che lavorano, esprimono la fatica del vivere quotidiano della povera gente.
Passando alla seconda sezione, nettamente separata dalla prima, “Occhi su Tina” , sono stati esposti una ventina di scatti che la ritraggono, realizzati da Edward Weston e da altri fotografi. In questa sezione si può ammirare una prima assoluta: Tina diciassettenne fotografata dallo zio Pietro Modotti.
Il ritratto proviene dalla collezione dello studioso di fotografia Walter Liva. Probabilmente è il ritratto che anticipa il suo viaggio, insieme al resto della famiglia, per gli Stati Uniti per raggiungere il padre emigrato anni prima.
Le origini riaffiorano
Fino ad allora, dopo aver frequentato la scuola elementare, aveva lavorato in una filanda già all’età di 12 anni. Questo rimarrà indelebile in lei anche se negli anni si emanciperà a tal punto da frequentare e creare rapporti di amicizia con grandi artisti ed intellettuali, da Frida Kahlo allo scrittore John Dos Passos, da i grandi pittori muralisti David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera alla fotografa Dorothea Lange, solo per citarne alcuni.
Questo suo passato riaffiorerà nelle sue scelte artistiche e di vita.
Le pannocchie che fotografava erano le stesse che i contadini macinavano e mangiavano nel suo Friuli, la scelta rivoluzionaria di stare dalla parte dei più deboli, l’iscrizione al partito comunista, ci riportano all’Assuntina (il suo nome) friulana.
La fine
Nel gennaio 1942 Tina Modotti muore, colpita da infarto, dentro un taxi che la sta riportando a casa. Come già era accaduto dopo l’assassinio di Julio Antonio Mella, la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico e attribuisce responsabilità a Vittorio Vidali, allora suo compagno di vita.
Pablo Neruda, indignato per queste polemiche, scrive una forte poesia che viene pubblicata da tutti i giornali :
«…sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l’anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango».
L’articolo, con il titolo Tina Modotti, la leggenda torna a casa, è pubblicato anche su Strisciarossa. Vedi qui.