ARTI CRITICA

I guardiani delle case

Le teste apotropaiche, venivano collocate sulla porta di casa, per tenere lontani gli spiriti maligni, preservare le abitazioni, le stalle e le fonti d’acqua dal malocchio. Ecco una documentazione fotografica di queste sculture antropomorfe diffuse in tutta Italia

Quante sono le teste di pietra antropomorfe in Italia? Sono diffuse un po’ ovunque nello Stivale, ma non solo, come documentano le ricerche fotografiche. Queste sculture avevano una funzione apotropaica (dal termine greco αποτρέπειν, allontanare), dato che nelle più accreditate ipotesi e secondo la credenza popolare, le teste (o guardiani di pietra) dovevano servire a incutere timore per tenere lontani gli spiriti maligni che transitavano nelle vicinanze, preservare le case, le stalle e le fonti d’acqua dal malocchio e difendere così la famiglia, creando un vero e proprio spazio protetto.

La loro datazione sembra risalire al Basso Medioevo e, sino ai primi anni del secolo scorso, era uso comune collocarle sull’architrave delle porte o sulle fontane, anche se la posizione più favorevole era vicino agli spigoli, ritenuti la parte più “fragile” della casa, non certo dal punto di vista strutturale ma come punto di accesso delle influenze negative.

In tutta l’area che va dalla Liguria all’Appennino tosco-emiliano, passando per la Lunigiana, sono particolarmente diffuse e assumono nomi diversi in base alle zone. Nel modenese vengono identificate col termine marcolfe, dall’antico nome germanico Markulf (mark, confine e wolf, lupo ), con il significato di custode dei confini. In Lunigiana e Liguria di Levante vengono chiamate facion mentre nella zona di Lizzano in Belvedere, nel bolognese, sono conosciute come mummie. Esempi di un certo rilievo si incontrano anche nelle sperdute pievi romaniche, accostate a simboli sacri, creando così un evidente contrasto tra la credenza popolare, tipicamente pagana, e l’iconografia religiosa.

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I volti (o maschere) di pietra venivano scolpiti su blocchi di arenaria o altro materiale litico locale, di non particolare pregio, spesso di recupero. Si tratta quasi sempre di rappresentazioni stilizzate, opera di scalpellini improvvisati, scolpite con pochi tratti, spesso rozzi, tipici esempi di arte povera e naïf.

Le facce sono molto intense e minacciose, con tratti severi, occhi dilatati e denti in evidenza, spesso con vistosi baffi o strani cappelli, oppure con espressioni grottesche o burlone (non è difficile trovarne con la lingua di fuori, quasi a sbeffeggiare i passanti). In questa non facile ricerca, molti esemplari infatti sono stati asportati o ricollocati in altri contesti oppure sono andati irrimediabilmente perduti per il crollo e per l’abbandono delle case, vuole essere un contributo alla salvaguardia di queste piccole “opere d’arte popolare”.

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