C’è un mondo distopico, ma non troppo lontano, appena 50 anni più avanti, in un futuro terribilmente somigliante al nostro presente, fortemente inquinato e governato da macchine e computer. La società è divisa in due: da una parte i Vecchi, sadici, aggressivi, avidi, colpevoli di un vero e proprio sterminio di bambini e adolescenti, ai quali succhiano il sangue un po’ per gola, un po’ per un gioco maligno. Sono loro ad avere il potere, che esercitano attraverso le macchine. Dall’altra, i Piccoli, la fazione contrapposta, che si attrezza per sopravvivere e si prepara alla resistenza, in attesa dello scontro finale.
Rossa (La nave di Teseo, editore), il nuovo romanzo di Chiara Rapaccini, in arte Rap, illustratrice, designer, artista e scrittrice, è un pungo nello stomaco. Già nella dedica iniziale a Mario Monicelli, compagno dell’autrice per oltre trent’anni, non lascia spazio ad alcun dubbio. Poche parole, la domanda di un giornalista e la risposta del celebre regista: «E lei, Monicelli, cosa fa per i giovani?» «Invecchio». Ovvero, «prima o poi muoio e mi tolgo dai piedi», come spiega la stessa scrittrice che era presente a quell’intervista.
Il messaggio del libro è tutto in queste due frasi, non un semplicistico e banale «largo ai giovani», ma un ben più profondo e complesso, «liberiamo il mondo dalla gerontocrazia e lasciamo spazio ai ragazzi, perché loro hanno in mano il futuro». Non tutti gli anziani o vecchi che dir si voglia sono malvagi e pericolosi, solo quelli che non sanno farsi da parte. Degli altri c’è bisogno, perché la loro esperienza e la loro conoscenza del mondo sono un faro che deve guidare i ragazzi verso il futuro.
Ma nel libro di Rap tutto questo non c’è. Qui c’è un mondo distorto, raccontato in forma di favola noir, cruda e violenta, che non fa sconti. Potente e dirompente, racconta lo scontro tra passato e futuro, «tra fratelli Grimm e tecnologia, una fiaba moderna e per adulti sulle contraddizioni della nostra società», dice Chiara Rapaccini, che delle fiabe dei Grimm si è nutrita, influenzata dalla nonna tedesca.
La protagonista si chiama Rossa, ha 14 anni e i genitori, per avere qualcosa in più da mangiare per sé, l’hanno abbandonata nel bosco nel giorno del suo compleanno, come nella fiaba di Hansel e Gretel. Nel mondo in cui Rossa vive, la natura è stata sconfitta e l’umanità è a un bivio. In condizioni di estrema miseria e fame, gli uomini si nutrono solo di cibi liofilizzati e ogni attività viene svolta da robot assoldati dai Vecchi, che puntano allo sterminio di bambini e adolescenti. «Fino a che – spiega Chiara Rapaccini – non si crea un’alleanza tra i Piccoli, i migranti, che ho chiamato Barcones riprendendo un termine dispregiativo che mi è capitato di sentire più volte, gli animali e la natura, uniti dalla solidarietà e dalla volontà di non arrendersi di fronte alla distruzione del futuro. Coraggiosi e determinati a recuperare la loro umanità, si preparano alla resistenza. Rossa è una di loro». Ma non soltanto: cercano anche di opporsi al disfacimento morale e culturale che i Vecchi hanno contribuito a creare, recuperando e custodendo libri, musiche, immagini del passato, persino ricette di un cibo reale e non liofilizzato che nel loro mondo è stato bandito.
Scritto prima di Greta e del “Friday for future”, prima che i ragazzi del mondo reale, come gli adolescenti protagonisti del romanzo, facessero sentire la propria voce, Rossa anticipa e accompagna il movimento che sta costringendo i “vecchi” ad ascoltare e – forse – a invertire la tendenza prima che sia troppo tardi.
«Ho scelto di usare tinte forti – spiega l’autrice – perché voglio portare brutalmente l’attenzione su quanto il mondo attuale sia precluso ai giovani, su come nei luoghi in cui si esercita il potere economico, finanziario e politico, siedano i vecchi. I più fragili, che siano i poveri, i senza terra, i giovani, sono destinati a soccombere mentre la natura e l’ambiente sono sempre più in pericolo. È un tema politico molto attuale che veste i panni della fiaba, dove non c’è pietas nei confronti di questa piccola minoranza di gerontocrati al timone del mondo che non è disposta a cedere un millimetro della propria posizione. L’ho fatto perché credo nei ragazzi, nella loro voglia di cambiare e di essere liberi. Li ho ascoltati e li ho intervistati girando un documentario per Rai Storia e non c’è alcun dubbio che siano loro la risposta alla gerontocrazia e la forza che può cambiare il mondo».