CRITICA LIBRI

La lezione laica del rabbino

Il libro di Massimo Giuliani, docente di Studi ebraici all’università di Trento, La giustizia seguirai. Etica e halakhà nel pensiero rabbinico, pubblicato per la casa editrice Giuntina di Firenze nel 2016, inizia con un brano (Shabbat 31 a) tratto dal Talmud babilonese, uno dei più importanti testi sacri dell’ebraismo:

«Un giorno un non ebreo venne e si presentò a Shammay chiedendogli: mi converto al Giudaismo a condizione che tu mi insegni l’intera Torà mentre sto su un piede solo. Shammay si volse mostrando il regolo che aveva in mano. Non scoraggiato, il non ebreo andò a presentarsi a Hillel, e gli pose la medesima richiesta. La risposta di Hillel fu: “L’intera Torà consiste in questa regola: non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te; tutto il resto è commento. Va dunque e studia”»

Quel «Va dunque e studia» ci da indicazioni preziosissime anche stando fuori da contesti religiosi, anche cercando un’etica laica con cui guidare le proprie azioni di tutti i giorni.

L’etica è quella disciplina che studia i principi del comportamento dal punto di vista filosofico, e può essere laica, se non fa riferimento a testi sacri delle diverse tradizioni, oppure religiosa, se appunto prende come base una serie di precetti, o comandamenti, espressi in una certa religione.

Normalmente si ritiene che l’etica laica faccia affidamento soltanto sulla ragione, quindi sia più autonoma rispetto a quella religiosa. Nella maggior parte dei casi, questo è vero, però non è vero che tutte le etiche religiose richiedano di fare a meno della ragione e dell’intelligenza.

Shammay e Hillel sono i due rabbini più importanti del Talmud, cioè maestri della legge, che hanno fondato due scuole, una più rigorista e l’altra più “aperta”. Nella tradizione ebraica entrambe le scuole contengono una parte di verità, e questo è già spiazzante per chi ritiene che la verità sia una parola assoluta, che non ammette insieme anche un altro punto di vista.

Il pensiero ebraico è così, fondamentalmente contrario alla violenza di una verità assoluta, che non ammetta al suo interno il pluralismo, ma contrario anche al relativismo tipico di chi pensa che tutte le opinioni siano uguali, e che quindi, fondamentalmente la verità non esista e la vita non abbia senso.

Nel racconto, proviamo a metterci dalla parte di chi fa la domanda. Siamo incuriositi, abbiano davanti a noi una persona saggia e sapiente, vogliamo sapere in breve cosa ha da insegnarci. Ma abbiamo fretta, siamo troppo impegnati dalle nostre occupazioni quotidiane.

Probabilmente non è una caratteristica tipica solo del tempo in cui viviamo, ma certo oggi si è fatta molto più comune: il tempo manca sempre.

Quando però si tratta delle domande fondamentali, quelle che riguardano la ricerca del senso da dare alla vita, e del modo in cui comportarsi, ci si deve fermare, ci si deve imporre una pausa.

Non si tratta di comprare un prodotto, ma di capire che senso dare alla propria vita, alle proprie azioni.

Pretendere ricette semplici, facili all’uso, che diano soluzioni sbrigative e senza eccessivo sforzo è proprio ciò che il primo maestro, Shammay scoraggia di fare: egli mostra il regolo, metafora dell’unità di misura e insieme della disciplina necessaria alla comprensione della legge (Torà, infatti, significa “legge”).

L’altro maestro, Hillel, risponde invece in maniera apparentemente più aperta e amichevole a chi gli ha posto la domanda, in modo da assecondare il suo desiderio di una risposta facile da capire e soprattutto breve. Ma questo solo a un livello superficiale. Cosa sembra, infatti, ad un primo livello, che Hillel insegni?

«Ama il prossimo tuo come te stesso». Tale insegnamento – mostrano tutti gli studiosi di filosofia – contiene il nucleo di qualunque etica, sia religiosa sia laica.

Tutto qui, allora? Certo, in parte il nucleo dell’etica ebraica è tutto qui. Ma c’è una cosa ancora importante, che bisogna notare. La risposta di Hillel a ben vedere è più profonda, e indica il tono specifico dell’insegnamento ebraico proprio nell’ultimo invito, in quel «Va e studia».

Mettiti in gioco, usa la tua ragione nello studio dei testi, e soprattutto non essere troppo pigro! Quindi, a ben vedere, Hillel richiama lo stesso impegno necessario a chi vuole scoprire qualcosa d’importante per la propria vita, impegno che l’altro maestro, Shammay, intendeva indicare con il regolo. Occorre un metodo, una disciplina, perché le cose importanti non si ottengono con la bacchetta magica e senza uno sforzo.

L’ebraismo, spiega Massimo Giuliani nel suo libro, è quella religione in cui lo studio, la preghiera e l’agire concreto di ogni giorno si richiamano a vicenda, l’uno prendendo slancio e forza dalle altre due. La risposta alla domanda del frettoloso e inquieto interrogante dovrà dunque percorrere una «via» (halakhà, una parte fondamentale del talmud significa infatti «via») lunga e meno pigra. Studio, preghiera e azione richiedono un cammino, ed è evidente che questo cammino non possa esser svolto da fermi, cioè «stando su un piede solo».

Simbolicamente i «piedi», dice Giuliani, rappresentano le due facoltà umane, il cuore e la ragione, l’intelligenza.

Ma c’è un altro significato nella storia dei due maestri. Quando uno è costretto a parlare “stando su un piede solo”, in equilibrio e senza cadere, deve per forza essere lucido. È un vecchio stratagemma spesso usato da uomini che chiedono ad altri di mostrare di non essere ubriachi.

Cosa significa, nel pensiero ebraico, essere ubriachi? Significa essere fanatici, aver perduto la ragionevolezza, giustificare la violenza in nome della religione. L’etica ebraica, nella sua essenza, non può mai essere fanatismo, ed è evidente quanto sia importante oggi questo richiamo alla lucidità razionale, in tempi di rimonta del fondamentalismo religioso e dell’uso della religione per giustificare qualsiasi barbarie.

Il libro di Massimo Giuliani costituisce una continuazione di quest’apologo talmudico.

Se può essere consigliato anche a chi non crede, ma comunque vuole conoscere l’essenziale del senso dell’etica della tradizione ebraica, è perché è insieme, è una mappa, una guida, per orientarsi in un modo di cui spesso s’ignora quasi tutto, ed era il modo di quel popolo che in gran parte fu sterminato dal fanatismo nazista.

È un libro di studio, che quindi richiede anche un po’ di fatica, ma tale da ripagare chi la sostiene, anche perché il libro è scritto in maniera chiara, dotta e avvincente – cosa non comune di questi tempi – e da un autore che è uno dei massimi esperti della materia a livello italiano.

Uno degli insegnamenti fondamentali del Talmud è questo «Procurati un maestro» (Pirké Avòt I, 6), cioè, cerca una persona saggia con cui studiare e lasciati guidare dalla sua sapienza. Da questo punto di vista, il libro di Giuliani potrà accompagnare, come un maestro e un amico, il lettore nel suo avviarsi nel suo cammino. E probabilmente questo cammino può aiutare a dare un valore alla vita di ogni giorno.

Ne vuoi sapere di più, caro lettore? Va dunque e leggi!

Massimo Giuliani, La giustizia seguirai. Etica e halakhà nel pensiero rabbinico, Firenze, Giuntina, 2016, pp. 259, € 15

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