Il termine metafisica venne usato per la prima volta dal filosofo Andronico da Rodi (I secolo a.C.) per titolare le opere di Aristotele che non trattavano della fisica e che, proprio per questo, furono catalogate nella metafisica (letteralmente metà tà physikà, dopo la fisica).
Composta da due parole, meta (cambiamento, trasformazione, al di là) e fisica (la scienza che tratta le proprietà, i cambiamenti, le interazioni della sostanza e dell’energia), la metafisica esamina le cose al di là della materia e dell’energia. Oltre la materia (le cose fisiche) di cui intende studiare il “perché”, oltre la semplice considerazione dei dati empirici per indagare i principi che generano e determinano l’esistente. Secondo Aristotele, la metafisica è la scienza prima, poiché si rivolge allo studio non di un determinato ente (=cosa esistente), ma delle qualità generali e comuni ad ogni ente. Oggi, dimenticato il significato originario, si usa più in generale per esprimere ciò che esiste oltre l’apparenza sensibile della realtà empirica.
Il pittore Giorgio de Chirico, durante il suo soggiorno a Parigi tra il 1911 e il 1915, usa per primo questo termine nel campo dell’arte, parlando sia di luoghi, che dei dipinti propri o dei grandi maestri del passato; anche il fratello Alberto Savinio (Andrea de Chirico) ebbe fin dall’inizio della sua attività artistica un ruolo importantissimo nella creazione della poetica metafisica. I quadri metafisici spesso ritraggono piazze Italiane dall’aspetto inquietante e vuoto, dove trovano posto statue greche o manichini. Tutta l’attenzione va alla scena immobile, misteriosa, senza tempo, silenziosa, un palcoscenico teatrale senza emozioni.
Tra le due guerre in Italia si ebbero numerose volgarizzazioni architettoniche della poetica metafisica delle “Piazze d’Italia”, la cui atmosfera atemporale appariva congeniale alle esigenze propagandistiche dell’epoca. Piazze di sapore metafisico furono costruite nei centri storici, come a Brescia o a Varese, oppure in città di nuova fondazione, come quelle dell’Agro Pontino (Sabaudia, Aprilia), per culminare nello spettacolare impianto rimasto incompiuto dell’E42.
Celebre esempio di città metafisica è Tresigallo (Fe), la città di marmo immersa nella pianura padana, ad oggi unica di fondazione italiana riconosciuta Città d’Arte. Secondo la Regione Emilia Romagna, che nel 2004 ha inserito Tresigallo nel prestigioso circuito delle Città d’Arte d’Italia, è l’applicazione su scala reale delle teorie di scuola tedesca sulla progettazione democratica della “città nuova”; rappresenta una felice quanto assolutamente solitaria esperienza di architettura razionalista italiana; è uno dei pochi esempi rimasti di città di fondazione progettata a tavolino. «Città di ri-fondazione – l’hanno definita gli studiosi -, vera “città ideale” del XX secolo», nata da uno sogno di Edmondo Rossoni, ministro dell’Agricoltura e Foreste degli anni Trenta, oggi appare una pregiatissima capitale del razionalismo italiano, ideata sul modello delle ‘città nuove’ realizzate tra le due guerre.
«C’è una dimensione estraniante e metafisica in Tresigallo – si legge sul sito dedicato alla città – una sorta di calma folle dovuta al fatto che il linguaggio urbanistico e architettonico non ha subìto alterazioni particolari nel tempo».