Se si guarda il quadro di Ilya Repin Manifestazione 17 ottobre 1905 si ha la netta impressione di osservare un allievo o forse un emulatore di Pierre Auguste Renoir. Certo il famoso Moulin de la Gallette del francese o l’altrettanto suo meraviglioso Colazione dei canottieri sono ben lontani per tema e rappresentazione dalla tela del pittore russo che invece descrive l’entusiasmo con cui la folla di San Pietroburgo accolse più di un secolo fa la notizia che lo zar intendeva promulgare una costituzione. Nell’opera la gente sventola bandiere, grida, fa volare cappelli in aria mentre sulle riva della Senna c’è solo un popolo allegro e rilassato, lontano dalla passione politica, intento a godersi la splendida giornata parigina. Ma la tecnica, la costruzione delle masse, il movimento e i colori associano immediatamente le due tele.
Quello di Repin è il primo quadro che si incontra nella bella e interessante mostra dal titolo Revolutija: da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky, organizzata al Mambo (Museo d’arte moderna di Bologna), in collaborazione con il Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, insieme al CMS.Cultura ed in partnership con il Comune di Bologna e l’Istituzione Bologna Musei. La mostra, curata da Evgenia Petrova (vicedirettrice dello stesso museo) e da Joseph Kiblitsky è fatta per ricordare i cento anni della Rivoluzione d’Ottobre.
Ma partire da quel quadro è doveroso anche perché in una delle tante manifestazioni collaterali che si stanno svolgendo intorno a questa esposizione, il professor Michel Biard, docente all’Università di Parigi Panthéon Sorbonne, ha sostenuto il forte e intrigante debito culturale che la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 ha avuto verso la Rivoluzione francese.
Il convegno organizzato dalla Fondazione Gramsci e da Allience Francaise di Bologna aveva per titolo Giochi della memoria e messaggeri della rivoluzione. Dall’analisi che ne è derivata si è mostrata la robusta influenza psicologica o immaginifica del pensiero politico francese su quello russo. Basti pensare che Lenin, nel denunciare la divisione tra bolscevichi e menscevichi, più volte nei suoi discorsi chiamava questi ultimi “girondini”, per non dire che nel 1924, alla sua morte, una delegazione di parigini portò in omaggio alla cerimonia funebre una delle poche bandiere sopravvissute della Comune.
Al di là di questo non c’è dubbio che la mostra bolognese parli anche d’altro. Soprattutto d’altro. Riconoscendo sì la presenza dell’influenza francese, ma evidenziando l’incredibile creatività esplosiva e rivoluzionaria che ci fu tra il 1910 e il 1920 nel mondo artistico di quella che divenne l’Unione Sovietica. In quel breve decennio, infatti, si svolse uno dei capitoli più esuberanti, radicali e innovativi del Modernismo. Capitolo, come si sa, che fu interrotto dalla normalizzazione del realismo socialista impostosi ufficialmente nel 1932, il quale accusò chiunque non si uniformasse ai suoi dettami di Formalismo.
Gironzolando dunque per queste sale vediamo passarci davanti un mondo di giovani pittori pieni di entusiasmo e voglia di emergere, ragazzi che sentivano il richiamo ai fauves e al cubismo naturalmente, ma anche una sorta di anarchismo senza limiti, il cui scopo era quello di togliersi la polvere di dosso, indossare i nuovi abiti della modernità, cacciare la Russia contadina immersa nei suoi riti ancestrali e guardare l’Europa, Parigi, Vienna, là dove tutto stava accadendo.
Poi le cose andarono come andarono. Ma la testimonianza del fervore artistico di pittori come Alt’man, Natal’ja Goncarova, Kazimir Malevich, Wassily Kandinsky, Marc Chagall, Valentin Serov, Aleksandr Rodcenco e molti altri rimane impressionante.
Kandinsky e Chagall, com’è noto, nel 22 preferirono emigrare. Andarono in Francia. Conobbero la fama. Tutti gli altri invece rimasero a combattere la loro guerra perduta. Guerra che li portò ad essere dimenticati e spesso irrisi. Tra questi va ricordato Pavel Filonov giovane entusiasta partecipante di quest’orgia creativa che, rimasto disoccupato, alla fine del decennio si piegò al regime facendo un bellissimo ritratto di Stalin giovane (presente in mostra), realizzato con la cura maniacale di chi sa di giocarsi la sua ultima occasione ed il patema di chi si vede costretto a cedere sui propri principii. Onta e umiliazione estrema, il ritratto fatto da Filonov venne bocciato da una sconosciuta commissione di burocrati.
L’esposizione vede anche quadri di un gigante quale fu Kazimir Malevich, presente con i costumi di scena che realizzò per l’opera teatrale Vittoria sul sole e alcuni quadri di grande importanza. Primo fra tutti Quadrato nero, esposto solo una volta nel 1905 prima di essere scoperto nel ’55 con una famosa mostra al Guggenheim di New York. Da ammirare inoltre il bellissimo Il ciclista della Goncarova (un tributo al nostro Boccioni), l’etereo Passeggiata di Chagall e poi il Ritratto di Anna Achmatova di Alt’man o il Majerchol’d di Grigor’ev. E ancora: Valentin Serov, Rodcenko e altri.
Mostra interessante. Da non perdere.
MAMbo, via Don Giovanni Minzoni 14, Bologna
Orari fino al 13 maggio 2018: martedì, mercoledì, giovedì, domenica ore 10 – 19, venerdì e sabato ore 10 – 20, chiuso il lunedì
Info: telefono 051-649 6611 – www.mambo-bologna.org