La sua origine è incerta e dato che si tratta di una parola, entrata di peso nel nostro vocabolario quotidiano, grazie alle cosiddette subculture giovanili, vale la pena saperne di più. A questo proposito, il Cambridge Dictionary recita «very informal language that is usually spoken rather than written, used especially by particular groups of people» (linguaggio piuttosto informale, usato specialmente da particolari gruppi di persone nella forma parlata piuttosto che scritta). E come esempio classico cita chicken, pollo, usata da tempo anche nello slang nostrano.
«Chicken is slang for someone who isn’t very brave». Per cui secondo, secondo l’autorevole dizionario britannico, si tratta di qualcuno che non è precisamente un leone. Da noi invece, un “pollo” indica qualcuno facile da raggirare ( es: ho trovato il pollo da spennare).
Lo slang, sia quello giovanile, sia quello agé , è soggetto a variazioni anche sostanziali sotto l’influenza di fattori ambientali. Muta con il cambiare delle mode, degli umori, del luogo di appartenenza.
Oggi, in Italia come altrove, la neolingua dei giovani batte il ritmo della strada e delle periferie multietniche. Prendiamo per esempio, scialla. È apparso all’improvviso in mezzo ai graffiti hip hop, sui muri delle periferie romane. Deriva dall’arabo inshallah, se Dio vuole. Invece nello slang romanesco, vuol “dire va tutto bene”, “stai tranquillo”. “Durante l’interrogazione stai sciallo, andrà benissimo”. “Maria è la ragazza più scialla che conosco”.
La parola si è diffusa a macchia d’olio sulle onde del brano omonimo del rapper italiano Amir, poi del film Scialla di Francesco Bruni (2011), e in tempi più recenti di Scialla Semper di Massimo Pericolo. Quest’ultimo titolo era anche il nome di una massiccia operazione antidroga della polizia a Varese, tra il 2012 e il 2014, che si concluse con una ventina di arresti tra cittadini italiani e stranieri.
Il primo dizionario slang , Urban dictionary, risale al 1999 ma si tratta di un progetto più adatto a studiosi della lingua che altro. Nel 2016, esce Slangopedia, il primo dizionario slang italiano edito dal sito web dell’Espresso, poi pubblicato su carta da Stampa Alternativa. Ci sono parole come blastare (prendere in giro, sfottere senza pietà), forma italianizzata del verbo inglese to blast, far saltare in aria e, per esteso, distruggere. Ma vi troviamo anche chiattillo, termine puramente dialettale, usato dai giovani napoletani per classificare il tipico figlio di papà, arrogante e griffato.
Nel 2019, due trentenni, Marco Lucio Giannotta di Catania e Stefano Pirone di Napoli, realizzano Slengo, il primo dizionario online fatto direttamente dagli utenti della Rete. Basta andare sul sito, aggiungere il termine e seguire le istruzioni in attesa del verdetto del moderatore. Vi troviamo bannare e fotoshoppare, parole che ormai quasi tutti usiamo. Ma c’è anche skillato, dall’inglese skilled, competente, dotato di abilità specifiche. Utilizzato soprattutto nel mondo dei videogiochi, indica anche un soggetto sveglio ma anche furbo. E non mancano vecchie perle ormai in uso da tempo, come pippone, discorso lungo, pesante e noioso. E infine citofonarsi, concepito sempre a Roma, usato nella forma “come ti citofoni?”, cioè “qual è il tuo cognome?”. Un termine salito agli onori delle cronache in tempi recenti, grazie alle performance porta a porta di un noto politico italiano. Ma questa è tutt’altra storia.