IL NUMERO

1815

È l’anno in cui a Firenze, nel (un tempo mitico) Caffè Giacosa della prestigiosissima via Tornabuoni, il conte piacentino, anzi di Villanova sull’Arda, Camillo Negroni – ricco di suo tanto da poter essere un appassionato viaggiatore nonché un fiero e incallito bevitore – al suo barman di fiducia, tal Fosco Scarselli, chiese un “Americano”, apprezzatissimo cocktail a base di bitter CampariVermouth rosso e seltz, “corretto”, vale a dire un po’ più forte rispetto a quello classico, proponendo al suo “fornitore”, di togliere il seltz ed aggiungervi al suo posto qualcos’altro.

Cosa che lo Scarselli fece aggiungendovi del gin – liquore, anzi distillato, di frumento ed orzo nel quale vengono messe a macerare anche bacche di ginepro – che a Londra all’epoca, ma ancor dopo ed oggi pure, imperversava.

Il nuovo connubio prese il nome del conte e i clienti di Giacosa, che all’epoca si chiamava “Caffè Casoni”, ne apprezzarono subito potenza ed aroma, tanto da averne fatto uno dei cocktail più importanti di tutta la (finora non ancora scritta) storia dell’alcolismo, certo imparagonabile al Cocktail Martini – che, se fatto secco e come dio comanda, resta il non plus ultra –, ma degno da essere celebrato da un poeta che ama la polvere innamorata qual è Luca Picchi, barman un tempo proprio da Giacosa, ora mago dei cocktail a quel che ne rimane di un altro celebre bar fiorentino, il “Rivoire” di piazza Signoria (in attesa che le parentele governative ne cambino proprietà) ed autore di un paio di libri, editi dalla Casa Editrice Plani nel 2002 (Sulle tracce del conte. La vera storia del cocktail Negroni) e da Giunti nel 2015 (Negroni cocktail, una leggenda italiana), proprio su questo celebre aperitivo.

Se se ne scrive – anziché dar conto del Congresso di Vienna,  delle prodezze napoleoniche, della guerra austro-napoletana, della battaglia di Waterloo, o di altri più importanti accadimento di quell’anno – non è per un desiderio insopprimibile di sbronza, ma perché la cronaca dice che è fresca fresca la notizia che pure il Caffè Cavalli – imparagonabile erede al ribasso di quel Caffè Giocosa il quale, tra gli altri, fece il vanto di questa salottiera città ed ora relegato in uno spazietto di via della Spada – sta per chiudere, lasciando in forse il posto di lavoro di 3 soli dipendenti a tempo indeterminato ed 11 a tempo determinato. Chi viene non si sa, dove si va invece è in Cina.

Questo è il mercato, bellezza!

Dovendo qui dare i numeri è d’obbligo dire che la ricetta del Negroni prevede 1/3, 1/3 e 1/3 di ciascuno degli ingredienti, e la dose di ciascuno di quei terzi è di 60 millilitri. Il signore è servito.

 

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