IL NUMERO

20

LINA SENSERINI

Sale a 20 la percentuale di succo di arancia che deve essere contenuto nelle bevande analcoliche «prodotte in Italia e vendute con il nome dell’arancia a succo o recanti denominazioni che a tale agrume si richiamino prodotte in Italia». In sintesi, a parte il burocratichese, le aranciate. Quasi il doppio di quanto previsto negli ultimi 60 anni, durante i quali è stato sufficiente che ce ne fosse il 12% affinché la bibita potesse chiamarsi, appunto, aranciata. La norma precedente risaliva al 1958, mentre il provvedimento nazionale, reso noto nei giorni scorsi dalla Coldiretti, applica le quanto previsto dalla legge 161/2014 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”.

Insomma, una decisione importante che oggi, alcuni siti di informazione non hanno esitato a definire storica per la qualità e il valore nutrizionale del prodotto. Secondo la Coldiretti, infatti, «l’innalzamento della percentuale di succo di frutta nelle bibite va a migliorare la qualità dell’alimentazione e a ridurre le spese sanitarie dovute alle malattie connesse all’obesità in forte aumento», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «il prossimo passo verso la trasparenza è quello di rendere obbligatoria l’indicazione di origine in etichetta della frutta utilizzata nelle bevande per impedire di spacciare succhi concentrati importati da Paesi lontani come Made in Italy».

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