IL NUMERO

60

L’Italia è al poco edificante terzo posto, nella classifica dei Paesi europei in cui gli studi universitari sono più cari. Prima dello Stivale, dove in dieci anni le tasse universitarie sono aumentate del 60%, solo L’Olanda e la Gran Bretagna. E purtroppo, all’incremento delle tasse non corrisponde la crescita della qualità accademica e le Università italiane sono lontane dalla performance degli atenei in altri Paesi dell’Unione.

Non solo, ma secondo un articolo di Samuele Maccolini, pubblicato su “Linkiesta” del 2 marzo scorso, in molti casi le tasse universitarie imposte agli studenti in Italia superano il limite consentito per legge. Un esempio è l’Università Statale di Milano che ha ecceduto di 34 milioni di euro il limite di legge sulla tassazione. Contro questa grave irregolarità, l’Unione degli Universitari (UDU) ha presentato un ricorso al TAR, forte della sentenza del Tribunale amministrativo e del Consiglio di Stato che gli ha dato ragione per un analogo caso all’Università di Pavia. E  non si tratta di pochi spiccioli, ma cifre milionarie che finiscono nelle casse degli atenei a danno degli studenti.

Il caso della Statale di Milano non è l’unico se, stando a un’inchiesta della stessa UDU, sono 33 su 59 esaminate le Università italiane che sforano il limite del 20%, imposto dalla legge come rapporto tra le tasse versate dagli studenti e il budget erogato dalle finanze pubbliche agli atenei. Nel 2008, il numero si era fermato a 20.

I dati, tratti dai registri della Ragioneria dello Stato, tracciano un quadro desolante, in cui la media della contribuzione degli studenti è il 22% del finanziamento statale, con una situazione più grave nel Nord Italia, dove la violazione è stata riscontrata in 9 università su 10.

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