IL NUMERO

20

È la percentuale di laureati, in Italia, tra i 25 e i 34 anni, secondo il rapporto dell’Ocse, Strategie per le competenze, redatto tra il 2016 e il 2017 e presentato nei giorni scorsi al ministero del Tesoro.

Dieci punti in meno della media dei laureati (che si attesta sul 30%) nei 35 paesi che fanno parte dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria).

Ma il punto non è solo avere un numero più basso di “dottori”, perché, come evidenziano i principali quotidiani nazionali, i laureati italiani hanno in media anche un più basso tasso di competenze in lettura e matematica (già emerso nello studio Ocse-PISA del 2015, dove PISA sta per Program for International Student Assessment) e sono male impiegati.

Siamo l’unico Paese del G7 in cui il numero dei lavoratori laureati che ricoprono posti con mansioni di routine è più elevato di quello in cui svolgono attività non di routine: l’11.7% dei lavoratori laureati ha competenze superiori alle mansioni che svolge, il 18% è sovra-qualificato, mentre il 35% è occupato in un settore non correlato ai propri studi.

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