DAILY IL NUMERO

56.800
Migranti morti in mare

Nel 2001 nel mondo c’erano 18 milioni di sfollati. Oggi, a causa di guerre, violenze e persecuzioni sono 68,5 milioni. Si stima che almeno 56.800 migranti sono morti o risultano dispersi tra il 2014 e il 2018

Naufragio, che parola poetica per descrivere una situazione mortale. Se naufragar in questo mare era dolce a Leopardi, un po’ meno lo è ai naufraghi al tempo delle migrazioni: secondo quanto stimato dall’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione (IOM), almeno 56.800 migranti sono morti o risultano dispersi dal 2014 al 2018.

Paradossalmente i naufragi celebrati nelle voci delle enciclopedie on line riguardano nobili accadimenti d’antan, come il Titanic; ci perseguita, dunque, la poetica della selvaggia onda che tutto sommerge, finanche l’amor. Se ne può avere un saggio di notevole spessore leggendo, al riguardo, la voce dedicata al naufragio della Treccani. Ci si ferma, ahimé, alla prima metà del sec. XIX; non una riga è riservata a tutti i poveri cristi affogati in questi anni nel mar Mediterraneo. Ma si sa che per entrare nella Storia, quella con la esse maiuscola, bisogna che passino almeno cinquant’anni.

I numeri dei naufragi e dei morti, invece, appartengono alla cronaca, e vengono variamente interpretati, in modi non asettici, sulle pagine dei giornali nazionali. Al riguardo ci sono, oltre a uno speciale dedicato dal mensile Vita nell’ottobre del 2017,  anche i numeri dati da Wired a giugno 2018: «I numeri raccolti da Missing Migrants, progetto del Global migration data analysis centre, raccontano di 816 naufragi nelle acque del Mediterraneo tra il gennaio del 2014 e l’inizio di marzo di quest’anno […] In totale i numeri di Missing Migrants parlano di oltre 5.600 decessi, cui si aggiungono più di 10mila dispersi. A bordo delle oltre 800 navi colate a picco c’erano anche 584 bambini. Le ong e le navi delle varie marine militari intervenute hanno permesso di salvare la vita di 35mila persone». Riguardo all’uso politico dei dati dei morti nel mediterraneo, è molto interessante quel che scrive, tra gli altri, anche l’agenzia AGI: i dati vengono artatamente diffusi con errori ed omissioni, annullandone di fatto la complessità e rendendoli utili solo alla dimostrazione delle proprie verità.

In un articolo apparso su Il Fatto quotidiano a ottobre 2018, Roberta Benvenuto scrive: «calano gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, ma aumenta il numero di morti o dispersi. Anzi, non ci sono mai state così tante persone inghiottite dal Mediterraneo». I dati presi in considerazione sono quelli analizzati dal ricercatore Matteo Villa dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, che ha elaborato un bilancio delle politiche di dissuasione dei salvataggi in mare, arrivando alla conclusione che «in mare il rischio di morte per i migranti provenienti dalla Libia è salito a 6.8%. Un numero più che triplicato se confrontato con il 2.1% del periodo che va dal 2014 al 2017».

Anche UNHCR, nel Rapporto Viaggi Disperati pubblicato a gennaio 2019, scrive che nel 2018 sei persone al giorno sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo: «Il rapporto descrive come un cambio delle politiche adottate da alcuni Stati europei abbia portato al verificarsi di numerosi incidenti in cui un numero elevato di persone è rimasto in mare alla deriva per giorni, in attesa dell’autorizzazione a sbarcare. La navi delle ong e i membri degli equipaggi hanno subìto crescenti restrizioni alle possibilità di effettuare operazioni di ricerca e soccorso. Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 arrivate in Europa ha perso la vita in mare, un’impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione».

Ma chi sono quei pazzi che lasciano quel bel luogo ameno che è la Libia per cercare fortuna solcando il mare? Da dove vengono? e dove vanno? il Corriere della Sera ci fa sapere che «nel 2001 nel mondo c’erano 18 milioni di sfollati. Oggi, a causa di guerre, violenze e persecuzioni sono 68,5 milioni. In sedici anni, secondo l’Unhcr, sono aumentati di oltre il 280%». Dovunque vogliano andare, è chiaro che faranno un certo rumore. Ma torniamo ai naufragi. Già, i naufragi: perché solcare il mare con mezzi di fortuna, a caro prezzo, nelle mani degli scafisti, non è un buon modo di viaggiare; e del resto ottenere un visto, ancorché turistico, pare non sia possibile, sia detto per chi propugna la mozione «prendessero l’aereo». Loro quindi prendono la barca, buona o poco buona non importa, basta partire. Perché partire vorrà pure dire morire, ma non partire è morire per certo.

A gennaio di quest’anno, in Calabria, un’imbarcazione di Curdi si è trovata in difficoltà a un passo dalla costa di Torre Melissa, in provincia di Crotone. La testimonianza del sindaco Gino Murgi, in mezzo alle lacrime, ci ricorda che ci sono alcune cose da ricordare: ad esempio che vuol dire restare umani.