DAILY LA PAROLA

Parassita

Il parassita vive dell'energia vitale altrui e, se particolarmente motivato, la distrugge. Parassiti veri (in natura) o parassiti nel comportamento, poco cambia
Una Physocephala vittata

Dicesi parassita un organismo che vive parzialmente o totalmente a spese di un altro individuo, detto ospite. Metafore e similitudini sono fin troppo facili quanto banali, ma proviamo a dare una base scientifica alle similitudini frugando nella cattiveria di Madre Natura.

La manipolazione è un classico comportamento dei parassiti, che controllano cervello e corpo dell’ospite per garantirsi la sopravvivenza. Esiste un particolare tipo di mosca che costringe la vittima ad autoseppellirsi: è la Physocephala vittata. Se un bombo viene attaccato da questo insetto, è spacciato. La mosca deporrà un uovo al suo interno e la larva, una volta uscita, se lo mangerà vivo. Come se non fosse abbastanza, la larva costringerà la sua vittima a seppellirsi nel terreno, cosicché il suolo funga da asilo nido caldo e sicuro durante il suo sviluppo.

Anche il simpatico pesce pagliaccio è vittima di un crudelissimo parassita, quello che gli inglesi chiamano tongue eating louse, letteralmente “pidocchio mangia lingua”. Infatti, il Cymothoa (questo il suo nome scientifico) è un subdolo parassita che passando dalle branchie dell’ignaro pesce s’insinua nella cavità orale e si attacca, con le sue tre paia di zampe anteriori, alla base della lingua, dove, dall’arteria, inizia a succhiarne il sangue fino alla sua atrofia e necrosi e alla conseguente caduta o disintegrazione; a quel punto ne prende letteralmente il posto collegandosi ai suoi muscoli. Da quel momento incomincia a nutrirsi di una parte del cibo che mangia il pesce o anche del suo muco. In questo modo continuano a vivere e a crescere insieme. Questo genere di parassita, infatti, non uccide il “padrone di casa”, ma sfrutta l’ospite per ricavare il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza. Purtroppo non fa solo questo: infatti, il Cymothoa può cambiare sesso e all’occorrenza riprodursi, trovando un’accogliente casa nella bocca del malcapitato.

Una cosa va riconosciuta ai parassiti: sono ignobilmente creativi, come la Euderus set, vespa parassita che esce dalla testa dopo aver preso il controllo della mente dell’ospite, oppure il fungo Ophiocordyceps unilateralis, degno protagonista di horror movie, parassita della formica Camponotus leonardi: quando le spore penetrano nel corpo dell’insetto cominciano a colonizzarlo, prima nutrendosi dei tessuti molli, poi producendo composti chimici diretti al cervello. La formica è costretta ad aggrapparsi con le mandibole alla foglia più vicina. Qui l’Ophiocordyceps uccide l’esemplare e finisce di divorarlo; quando è pronto a riprodursi i corpi fruttiferi erompono dal cranio della formica.

Detto questo, è bene sapere che circa il 40% degli animali vive sfruttando un malcapitato ospite. E nel corso dei millenni il parassitismo si è evoluto in oltre 200 occasioni separate. L’essere umano è ben integrato nel meccanismo del parassitismo, come ci ricorda George Orwell, «l’uomo è l’unica creatura che consumi senza produrre. Non dà latte, non depone uova, è troppo debole per tirare l’aratro, non corre abbastanza veloce da catturare un coniglio. Però è padrone di tutti gli animali. Li fa lavorare e in cambio concede loro il minimo necessario alla sussistenza, tenendo il resto per sé». Ma data la sua natura tendenzialmente debole, l‘essere umano non si fa scrupolo di parassitare i suoi simili e lo manifesta in svariate forme: alcuni sono parassiti di natura, la maggior parte lo sono  di circostanza, il tipo peggiore è il parassita di scelta. In ogni caso vive dell’energia vitale altrui e, se particolarmente motivato, la distrugge. Consapevole o inconsapevole, il parassitismo dell’essere umano è sempre una scelta e mai una necessità. Ma sia chiaro che la scelta della via del parassitismo allontana l’uomo dalla propria dignità, lo priva della spinta a migliorarsi ed è una condanna a vita.