LA DATA

6 dicembre 2007

Il 6 dicembre 2007 un incendio alle acciaierie Thyssen di Torino costò la vita a sette operai. Il rogo si scatenó all’una di notte e investí in pieno gli otto operai in servizio nell’acciaieria, che erano al lavoro da 12 ore. La strage fu causata dalla fuoriuscita di olio bollente, utilizzato per raffreddare i laminati. I primi tentativi di circoscrivere le fiamme con gli estintori aggravarono la situazione, provocando una spaventosa fiammata che non lasció scampo al 36enne Antonio Schiavone, riducendo in fin di vita altri sei: Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. Nel giro di un mese, anch’essi morirono, con un terribile bilancio di vittime che suscitò l’indignazione e le proteste del mondo dei lavoratori, con scioperi e manifestazioni in tutta Italia.

Degli uomini coinvolti nell’incidente, ci fu un unico superstite e testimone oculare del disastro, l’operaio Antonio Boccuzzi, sindacalista della UILM, il cui ruolo sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda e dell’inadeguatezza delle misure di sicurezza nello stabilimento.

Le indagini della magistratura portarono alla contestazione del reato di omicidio volontario con dolo eventuale ed incendio doloso nei confronti dell’amministratore delegato della Thyssen, Herald Espenhahn, mentre per altri cinque dirigenti dell’azienda tedesca vi fu l’accusa di omicidio colposo ed incendio doloso.

Nel corso delle indagini, emergerà che un incidente simile si era verificato nel 2003 e c’erano voluti quattro giorni per spegnere l’incendio, fortunatamente senza conseguenze per gli operai. Anche per questo la proprietà tedesca aveva da tempo deciso di chiudere la fabbrica torinese e trasferire tutta la produzione presso lo stabilimento di Terni, chiusura poi slittata a giugno 2008.

L’accordo tra l’azienda e i familiari delle vittime, cui sarà riconosciuto un risarcimento di circa 13 milioni di euro, non fermerà il processo. Si arriverà, nell’aprile del 2011, alla sentenza di primo grado della seconda Corte d’Assise di Torino, che condannerà Espenhahn a 16 anni e 6 mesi di reclusione. Pene comprese tra 10 e 13 anni saranno comminate agli altri cinque imputati.

Nel febbraio 2013 la Corte d’Appello modificherà il giudizio di primo grado, derubricando il reato da omicidio volontario a colposo e riducendo le pene a tutti i manager; sentenza confermata dalla Cassazione nell’aprile del 2014, che però richiede una ridefinizione delle pene, che non potranno essere superiori a quelle comminate nel 2013. Con la sentenza della Corte d’Appello del 2015, confermata dalla Cassazione nel 2016, si chiuse la vicenda giudiziaria di questa strage sul lavoro, che si sarebbe potuta evitare.