IL NUMERO

95

È morto martedì scorso a Los Angeles, all’età di 95 anni, Stanley Martin Lieber, per tutti Stan Lee, il fumettista, editore e produttore americano di cinema e tv, a lungo presidente e direttore editoriale della Marvel Comics, l’industria del fumetto che negli anni ’60 ha rivoluzionato il mondo dei supereroi di carta e oggi è protagonista in quello del cinema.

I fan lo chiamavano The Man, oppure The Smilin (Il Sorridente), perché il papà di Spiderman, X-Men, dei Fantastici 4, dell’Incredibile Hulk, solo per citare alcuni dei suoi personaggi più noti, di fan ne aveva a milioni in tutto il mondo, tra cui anche il grande Federico Fellini, che impazzivano dietro ai suoi eroi. Era noto per i suoi cameo in quasi tutte le produzioni Marvel, tra cui i più recenti in Guardiani della galassia, The Avengers e Black Panther, ma è stato anche un editore, un manager, un grande produttore dell’industria dei comics.

La sua storia comincia prestissimo, nel 1939, quando aveva appena 17 anni e cominciò a lavorare come addetto alle copie per Martin Goodman, alla Timely Comics, l’azienda che anni dopo sarebbe diventata la Marvel Comics. Il suo primo lavoro fu una pagina di testo firmata con lo pseudonimo di Stan Lee, pubblicato come riempitivo su un numero di Capitan America del 1941. Ma la sua creatività non tardò a farsi notare e presto fu promosso al ruolo di sceneggiatore di fumetti completi. Poi la guerra, la crisi, la necessità di rinnovarsi per resistere alla concorrenza inventando nuovi eroi che incontrassero i gusti del pubblico.

Nascono così, nel 1961, dalla testa di Stan Lee e dalla matita del disegnatore Jack Kirby, i Fantastici 4, seguiti l’anno successivo da Spider-Man e a ruota da una lunga lista di personaggi partoriti dalla fantasia di Lee e dalle mani di grandissimi disegnatori: Hulk (1962, con Jack Kirby), Thor (1962, con Kirby e Larry Lieber), Iron Man (1963, con Lieber e Don Heck), gli X-Man (1963, con Kirby), il Dottor Strange (1963, con Ditko), Daredevil (1964, con Bill Everett), Pantera Nera (1966, con Kirby), i cosiddetti «supereroi con superproblemi», come recitava il fortunato slogan della Marvel, per distinguerli da quelli di altre case di produzione, come la DC Comics. Quando, alla fine degli anni Sessanta, il fumetto americano andò in crisi, Lee seppe rispondere spostandosi sulla tv e sul grande schermo.

«I supereroi di carta – scriveva ieri Francesco Fasiolo, in un articolo sul quotidiano “La Repubblica” – hanno avuto, ormai da anni, la loro rinascita cinematografica. Ma non tutto quello che ha toccato Lee negli ultimi decenni si è trasformato in oro, come accadeva negli anni 60, e soprattutto, negli ultimi anni, molte notizie relative al papà di Spider-Man hanno riguardato non solo e non tanto fumetti o film, ma cause legali e diatribe con i suoi soci legate alla gestione della sua immagine e del suo patrimonio, oltre alla morte della moglie Joan nel 2017, dopo 70 anni di matrimonio. Non solo il suo nome, ma anche il suo volto è rimasto comunque popolarissimo, anche grazie al “gioco” dei cameo nei film Marvel. Tutti i fan sapevano che in ogni nuova avventura cinematografica o televisiva dei suoi supereroi prima o poi sarebbe spuntato anche lui. In veste di postino, passeggero di un autobus, venditore di hot dog, barista: piccoli ruoli e brevi apparizioni che gli spettatori facevano a gara per scovare. L’ennesimo modo per strizzare l’occhio al suo pubblico e perpetuare, divertito, il suo mito».

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