ARTI CRITICA

I luoghi dell’utopia

L'Art brut, l'arte grezza, conosciuta anche come Outsider art, è quella dei cosiddetti artisti irregolari. Persone dall'incommensurabile talento, fuori da ogni schema che non sia la loro creatività e il loro genio, che spesso dedicano tutta la loro vita a realizzare opere straordinarie, al limite tra la passione e l'ossessione

Una creatività spontanea, eccentrica, molto individuale, che si esprime fuori dalle mode e dalle tendenze estetiche dell’Arte con la A maiuscola, spesso con opere monumentali e utopiche. Quelle dei cosiddetti “artisti irregolari”, tra intuizioni geniali, una buona dose di follia, hobby e dilettantismo. Sono difficilmente classificabili e rappresentano un mondo a parte.

Già nel 1945 il grande pittore francese Jean Dubuffet parlava di Art brut (letteralmente, arte grezza o arte spontanea) dandone questa definizione: «lavori effettuati da persone indenni di cultura artistica… creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri ed autentici, dove le preoccupazioni della concorrenza, l’acclamazione e la promozione sociale non interferiscono e sono, proprio per questo, più preziosi delle produzioni dei professionisti».

Nel 1972 il critico d’arte Roger Cardinal allargò il campo utilizzando il termine Outsider Art (sinonimo inglese di Art Brut) e includendo gli autodidatti o i creatori di Arte naïve che non si sono mai istituzionalizzati, senza alcun contatto con il mondo tradizionale dell’arte, il cui operato spesso è stato scoperto soltanto dopo la loro morte, testimoni di particolari stati mentali, con idee non convenzionali, immersi in mondi fantastici molto individuali.

In Italia, specialmente negli ultimi anni, si è sviluppato un certo interesse per questo fenomeno “artistico”, come dimostrano l’Osservatorio Outsider Art, un gruppo di ricerca istituito nel 2008 all’Università di Palermo, guidato da Eva Di Stefano, docente di Storia dell’arte contemporanea, e il meritorio lavoro di censimento portato avanti dall’antropologo ligure Gabriele Mina, che dal 2009 cura il sito Costruttori di Babele, «sulle tracce di architetture fantastiche, universi irregolari e opere totali di misconosciuti artisti autodidatti, muratori dell’immaginario, ispirati al bordo della strada…».

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Molti gli esempi di questi artisti non professionisti, disseminati sul territorio, spesso semplici autodidatti, privi di una formazione artistica specifica:
Orfeo Bartolucci, che ha realizzato sulle colline marchigiane vicino a Urbino, il Mappamondo della Pace, una costruzione di oltre 30 metri di circonferenza, del peso di 180 quintali che può contenere al suo interno 600 persone; Luigi Lineri, che da oltre 50 anni sta collezionando e catalogando centinaia di migliaia di pietre raccolte lungo il greto dell’Adige, suddividendole per forma e zone di provenienza; Lorenz Kuntner, lo sciamano delle Dolomiti, che ha costruito, presso la sua abitazione, tra l’orto e il pollaio, un museo all’aperto sulla strada che porta al Passo dello Stelvio, con totem indiani, pietre dipinte con colori sgargianti, strutture realizzate con teschi, ossa di animali e piume di uccello; Angelo Stagnaro, un ex operaio dei cantieri navali di Genova che aveva riempito il suo giardino con centinaia di Bombosculture, realizzate utilizzando vecchie bombole di gas e materiali di recupero e attribuendo ad ognuna di esse un nome di fantasia; Mario Del Sarto, che nella vita faceva il macchinista del treno che portava a valle i preziosi blocchi di marmo delle Apuane, dagli anni Settanta, in un piccolo podere di sua proprietà a ridosso della montagna, ha iniziato a scolpire mastodontiche sculture creando un enorme museo a cielo aperto.
Alle porte di Imola Emilio Padovani, ex autista in pensione, dopo aver visto il film Jurassic Park, ha avuto una folgorazione e ha iniziato a costruire un suo personalissimo giardino dei dinosauri in pietra, raccogliendo sassi di ogni dimensione e peso (anche di diversi quintali); Angelo Favero, detto Zoe, solitario artista outsider, che vive in un minuscolo paese del trevigiano, trasforma i sassi, instancabilmente raccolti nel Piave, in stravaganti sculture, caratterizzate da una grande espressività. Le sue creazioni, dal tono a volte fumettistico, tra il pensieroso, il sorridente o l’arrabbiato, lui le considera come suoi figli e amici e sono rigorosamente non in vendita.

E che dire di Bum Bum Gà, un parco artistico tra Arezzo e Firenze, un’esposizione a cielo aperto con sculture in marmo, pietra, legno e ferro, composizioni concettuali con cataste di biciclette, vecchie Fiat 500 e materiali di recupero. Le opere nascono dalla fantasia di Carmelo Librizzi, visionario e poliedrico personaggio con interessi tra arte, scultura, poesia e musica. Infine, Alberto Manotti, autodefinitosi Re del Po, si dedica dal 2009 alla costruzione della nave Jolanda, sull’argine del fiume a Boretto, tra l’Emilia e la Lombardia, utilizzando tronchi e materiali di recupero, trasportati dal fiume. La nave è lunga oltre 40 metri, è 6 metri nel suo punto più alto, è composta da oltre 10 mila pezzi di legno assemblati tra loro con chiodi e corde. Manotti racconta della fatica nel costruirla e mantenerla, poiché le piene del fiume ogni anno arrecano danni e distruzione, ma lui, con pazienza e costanza, continua la sua opera.

Personaggi sicuramente fuori dall’ordinario che hanno dedicato una vita intera a coltivare la loro passione/ossessione e, come spesso succede, il confine tra le due cose diventa molto sottile, in alcuni casi anche patologico.

Francesco Galli Photo / Artisti irregolari

 

 

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