ATTUALITÀ IL PERSONAGGIO STORIE

Rita Borsellino: il coraggio della verità

Un sorriso aperto e dolce. Una voce pacata che con grande forza, però, sapeva trasmettere le sue emozioni. Se ripenso all’incontro con Rita Borsellino sono queste le prime cose che ricordo. Solo andando a ricercare quel vecchio articolo, pubblicato su un quindicinale locale, sono riuscita a ricordare nel dettaglio l’intervista che ebbi occasione di farle nell’ottobre del 2005, quando, come presidente onorario di “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, arrivò a Grosseto con la Carovana antimafia.

Una “carovaniera” amava definirsi Rita, trasmettendo con questa parola il senso dei chilometri percorsi, l’impegno e la responsabilità del ruolo e, allo stesso tempo, l’assenza di pesantezza e la spontaneità con cui portava avanti la missione della testimonianza. Perché questo era il compito che si era assunta, forse più per necessità che per vocazione, dopo la morte del fratello, ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992.

Rita è morta il 15 agosto scorso a 73 anni – era nata il 2 giugno del 1945, un anno prima della nascita della Repubblica – dopo una lunga malattia e dopo decenni dedicati alla diffusione di un’etica della legalità e alla “…ricerca della verità”, come ha ricordato il fratello Salvatore in un toccante saluto affidato a Facebook.

«Se prima avevo solo il sogno di Paolo per cui combattere fino all’ultimo giorno della nostra vita, come ci aveva fatto promettere nostra madre quando ci aveva chiamati il giorno dopo quel tremendo 19 luglio – ha scritto Salvatore Borsellino – adesso avrò anche il tuo sogno per cui combattere e non sarà difficile perché il tuo, come quello di Paolo, è soltanto un sogno d’amore». Parlare d’amore quando si pensa all’impegno di Rita Borsellino non è retorico né ridondante.

Il suo percorso “pubblico” lo ha avviato per amore del fratello, certo, ma anche per amore della verità. E ancora, per amore dell’Italia e dei giovani che in questo Paese dovevano poter avere possibilità di vita onesta, sicura, fiduciosa nella tutela dello stato.

Prima di essere Rita Borsellino, la sorella del giudice ucciso e poi una dei protagonisti della lotta alle mafie, è stata Rituccia per i familiari, la più piccola dei quattro fratelli Borsellino, come ricorda sempre Salvatore. È stata madre, di tre figli Cecilia, Claudio e Marta. Una donna di fede «… la stessa – ha ricordato ai funerali l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice – di un altro grande palermitano, don Pino Puglisi». Farmacista, è sempre stata legata alla chiesa, sopratutto alla sua parte più “di strada”, come testimonia anche la sua presenza al fianco di don Luigi Ciotti, come vicepresidente di Libera sin dalla nascita dell’associazione.

Dopo la morte di Paolo il suo impegno però diventa pubblico e il suo volto uno dei più noti per il contrasto all’illegalità. È nel 1994, due anni dopo gli attentati che costarono la vita a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino, che nel salotto della casa di Rita prende forma l’idea della Carovana. E non in un salotto qualsiasi, ma proprio nell’appartamento di via D’Amelio che era stato distrutto, insieme ad altri 173, dall’esplosione che uccise il fratello e gli agenti della scorta. È nei mesi terribili che seguono la morte di Paolo, in quei giorni di dolore e paura, che Rita capisce che i siciliani vogliono reagire. Comprende di non essere sola e sente il dovere di impegnarsi in prima persona per promuovere il cambiamento. Subito dopo gli attentati, infatti, c’erano state manifestazioni di piazza più o meno spontanee, prese di posizioni nette, movimenti che portarono alla luce la voglia dei siciliani e di gran parte dell’Italia di reagire all’oppressione della mafia. Era necessario non disperdere questo patrimonio e la Carovana antimafia è un modo per dare ancora gambe a questi sentimenti. La prima edizione della manifestazione si fa nel 1995 a Palermo. Attraversa quartieri noti – spesso tristemente -, come lo Zen e da quel momento non si è più fermata, solcando l’Italia e varcandone, in alcune occasioni, anche i suoi confini.

Nei giorni del nostro incontro si era iniziato a parlare di un suo impegno in politica, una richiesta che arrivava proprio dalla società civile che di Rita aveva stima e in Rita riponeva fiducia. E durante la nostra chiacchierata parlammo anche di questo, ovvero del rischio di dover mettere da parte il suo ruolo di “carovaniera” se l’impegno politico l’avesse portata a governare la Regione Sicilia.

E in effetti qualche mese dopo, nel 2006, Rita si candidò alle regionali, sostenuta da una parte del centrosinistra, mentre i Ds tentennavano ad esporsi del tutto in suo favore e la Margherita decise di candidare alle primarie Ferdinando Latteri, ex rettore dell’università di Catania. Nonostante il tiepido sostegno della politica “ufficiale”, Rita vinse le primarie e ottenne un risultato straordinario anche alle amministrative, pur non sconfiggendo Totò Cuffaro, il governatore in carica: portò alla coalizione di centrosinistra oltre il 41 per cento delle preferenze, quasi un milione e centomila voti, solo 300.000 meno del suo avversario.

Inizia così la sua esperienza all’opposizione a Palazzo dei Normanni, con il timido, per non dire scarso, sostegno dei partiti di centrosinistra, simbolizzato dall’accusa, nel 2008, di poco impegno a sostegno della candidatura di Anna Finocchiaro.

L’anno successivo però la società civile torna a sostenere Rita che, con 229.000 voti, arriva al Parlamento europeo. Nel 2012 la proposta di candidarsi come sindaco di Palermo, ancora una volta senza il sostegno di parte del Partito democratico che, infatti, promuove le primarie tra lei e Fabrizio Ferrandelli. Vinse il secondo, per pochi voti, ma tra accuse e sospetti di brogli, l’attuale sindaco Leoluca Orlando decise di candidarsi in prima persona, dopo aver sostenuto la campagna di Rita per le primarie, e Borsellino si ritira dalla politica.

Gli ultimi anni sono segnati dalla forte presa di distanza da quell’ “antimafia delle apparenze”, come l’ha definita, coinvolta dall’inchiesta su Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia e dalle nuove informazioni sullo scenario che portò alla morte del fratello Paolo, mentre la malattia si faceva più dura.

Rita Borsellino è stata un punto di riferimento per le persone. Una donna apprezzata da migliaia di cittadini che in lei vedevano un simbolo concreto di lotta e impegno contro illegalità e mafie. Rita di questo ne era consapevole: «dallo scambio con le persone traggo la mia forza – mi spiegò durante quell’incontro del 2005, quando le chiesi se non temeva che un suo impegno in politica avrebbe potuto allontanarla dagli studenti delle scuole, dai molti ragazzi che seguivano la Carovana antimafia, dalla gente comune – sarebbe impossibile per me perdere il contatto con chi finora mi ha sostenuto. È chiaro che, se questa possibilità dovesse realizzarsi, non avrei più molto tempo per seguire la Carovana, ma troverei senza dubbio il modo per continuare a confrontarmi con la popolazione. E chissà, magari potrei inaugurare un nuovo modo di fare politica, che sia veramente vicino agli elettori».

E certamente Rita questo lo ha fatto, ascoltando i movimenti, le persone e percorrendo l’epoca della politica effettivamente fatta dal basso. Un passo avanti, anche in questo caso, rispetto al partito e agli schieramenti di Centrosinistra per cui si era candidata, che non hanno saputo apprezzare appieno e sostenere le idee, il coraggio e la tenacia di questa donna fortissima dall’indimenticabile sorriso.