Il primo luglio 2004, a Westwood, Los Angeles, moriva Marlon Brando, icona del cinema ribelle e impegnato, unanimemente considerato una delle stelle più brillanti dell’universo hollywoodiano. Anzi, il più grande di tutti. L’American Film Institute lo ha, del resto, inserito al quarto posto tra le star che hanno fatto la storia del cinema.
Aveva 80 anni e da tempo viveva solo, senza più un soldo, malato, obeso. Pesava, dicono, 160 chilogrammi. Il suo fisico statuario e la sua intramontabile bellezza erano solo un ricordo, ma un ricordo indelebile per intere generazioni di donne, in ogni parte del mondo. Il crudele Kowalski, il ribelle Johnny Strabler, l’aristocratico Fletcher Christian, il perverso Paul, l’inquietante colonnello Kurz, lo strepitoso Vito Corleone, era solo l’ombra di se stesso, ma non se ne curava. Un duro sullo schermo e nella realtà non aveva fatto lo sforzo di conservarsi, colpito duramente dalla vita, con il suicidio della figlia Cheyenne e la disgrazia del figlio Christian, accusato dell’omicidio del fidanzato della stessa Cheyenne.
Aveva scelto di andarsene prima di morire, di vivere come un barbone ai margini di quel mondo che lo aveva esaltato e di cui lui non aveva mai fatto realmente parte. Anzi, lo aveva contestato, lui che con la sua grandezza poteva permettersi tutto, anche le scelte scomode e le battaglie in difesa degli ultimi. Lo aveva proprio snobbato, come quando, nel 1973, non si presentò alla “Notte degli Oscar” per ritirare la sua seconda e ultima statuetta come miglior attore per Il Padrino. Marlon voleva far sentire la sua voce contro il trattamento che il governo degli Stati Uniti riservava ai nativi americani. E fece pesare la sua assenza. Al suo posto a ritirare la statuetta, mandò, infatti, una giovane Sioux.
Una filmografia “limitata” a una quarantina di film, due premi Oscar come miglior attore, il primo nel 1955 per Fronte del porto. Nonostante i soldi e la celebrità che gli era piovuta addosso già con le prime pellicole, Marlon Brando ha avuto una vita molto complicata e sempre sull’orlo della sopravvivenza. Tante donne, forse troppe e troppi alimenti da pagare, troppi processi, cinque figli da mogli legittime, se ne contano altri sei in giro per il mondo avuti da amanti occasionali.
Lui stesso in una delle sue frasi celebri ebbe a dire: «Mi trovavo donne che mi si infilavano nel letto, dovunque. Arrivavano a offrirmi soldi. Si offrivano di lavarmi i piedi, come Gesù».
E non è difficile credergli, data l’avvenenza, il successo, il fascino del bello e dannato. Ciononostante, il vero Brando, almeno quello che esce dalla pagine del libro Il duca nel suo dominio – intervista a Marlon Brando di Truman Capote, è un uomo dolce, fino a essere iper-sensibile, insicuro e non del tutto in armonia con se stesso, che aveva scelto la maschera del duro, sospettoso e guardingo per nascondere le sue fragilità.