LA DATA

14 maggio 1964

Già alla fine dell’Ottocento i britannici avevano avviato la costruzione di una diga nei pressi di Assuan, provvedendo allo spostamento in blocco del tempio di File, che altrimenti sarebbe stato sommerso dalle acque. Alla metà del secolo scorso, nonostante i lavori fossero stati ripresi più volte, al fine di innalzare il livello dello sbarramento, si prese atto della necessità di costruire una nuova e più grande diga a sei chilometri a monte di quella vecchia.

Il progetto ebbe inizio nel 1952, con la collaborazione dell’ingegnere italiano Luigi Gallioli. Nel complesso e delicatissimo clima della Guerra fredda, dopo che si era affacciato alla ribalta, con la conferenza di Bandung, il terzo polo dei paesi non allineati, l’Egitto di Nasser (che nel frattempo aveva preso il potere deponendo re Faruk) si pose l’obiettivo di finanziare i lavori con i proventi della nazionalizzazione del canale di Suez ed ottenne, da parte dell’Unione Sovietica, un generoso contributo destinato a coprire circa un terzo delle spese complessive e a fornire il necessario supporto tecnico alla costruzione dell’opera.

I lavori presero inizio nel 1960: circa 90.000 persone furono costrette a lasciare le loro case, mentre i templi di Abu Simbel, che altrimenti sarebbero stati sommersi, furono spostati letteralmente di peso, le loro pietre accuratamente numerate, tagliate e poi riassemblate al sicuro, come in un immenso Lego. Questo spettacolare complesso archeologico, formato da due enormi templi rupestri voluti da Ramses II nel XIII secolo a. C. per intimidire i Nubiani e commemorare la vittoria nella battaglia di Qadesh contro gli Ittiti (1275 a. C., ma la vittoria è assai controversa), fu scoperto nel 1813 dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt e per la prima volta violato da Giovan Battista Belzoni, curiosa figura di gigantesco avventuriero (nel senso letterale del termine: era alto quasi due metri e dotato di una muscolatura straordinaria) con la passione del collezionismo e dell’archeologia.

Ai 113 paesi che presero parte all’imponente lavoro di dislocamento che durò dal 1964 al ‘68, il governo egiziano regalò alcuni monumenti o reperti: è il caso del tempio nubiano di Ellesija, fatto scavare nella roccia dal faraone Tuthmose III nel 1430 a. C. che, donato nel 1965 all’Italia (che aveva inviato alcuni dei suoi migliori cavatori di marmo da Carrara, Mazzano e Chiampo), si può oggi ammirare al Museo egizio di Torino.

I lavori per la diga, che si concludono il 14 maggio del 1964, consegnano al paese un’opera degna per grandiosità delle piramidi di Giza: lunga 3.600 metri, larga 980 alla base e 40 alla sommità, è alta 111 metri; il lago artificiale (chiamato poi Nasser) ha una superficie di oltre cinquemila chilometri quadrati.

La sua costruzione ha permesso all’Egitto di soddisfare più della metà del fabbisogno di energia elettrica ma ha parimenti comportato gravi conseguenze per l’equilibrio ambientale della zona, perché all’epoca non si tenne conto dell’impatto ecologico: il limo, che tutti noi abbiamo studiato sui banchi di scuola come il fertilissimo fango lasciato dalle piene del fiume sacro, viene adesso trattenuto e di conseguenza sono entrate in crisi sia l’agricoltura che la pesca; è aumentata la salinità perché l’acqua proveniente dal Mediterraneo avanza lungo il fiume; sono scomparse specie animali; è cresciuto l’inquinamento dovuto all’uso maggiore di fertilizzanti e pesticidi e il ristagno idrico nei terreni vicino al fiume ha causato la diffusione di funghi patogeni.

L’imponente impianto di Assuan, tuttavia, potrebbe a breve perdere il suo primato di diga più grande del continente africano a favore della Grand Ethiopian Renaissance Damrica, meglio nota come Millennium Dam o GERD, in costruzione in Etiopia dal 2011 sulle acque del Nilo azzurro, circa 700 km a Nord Ovest della capitale Addis Abeba, anche questa volta con il contributo, fra le altre, di imprese italiane.

E ora le curiosità riguardanti il tempio di Abu Simbel che, dovendo cedere il posto alla moderna diga, si prende la rivincita rubandole la scena e diventando l’indiscusso protagonista di questa colossale vicenda: nelle sue vicinanze si trovava un nilometro, ovvero una scala che serviva a misurare il livello del fiume; una parodia del tempio è rappresentata sulla copertina dell’album Powerslave degli Iron Maiden (1984); nel parco divertimenti di Gardaland, l’attrazione denominata “La valle dei re”, rappresenta la facciata del tempio stesso. Abbastanza, si potrebbe dire, da scatenare una “maledizione dei faraoni” degna di quella di Tut.