LA DATA

17 febbraio 1600

Le fiamme si alzano nel mezzo della piazza,. un uomo, denudato, con la bocca serrata da una morsa perché non possa parlare, è stato legato ad un palo e ora il suo corpo brucia per ordine di Papa Clemente VIII. La piazza è Campo de’ Fiori a Roma, è il 17 febbraio 1600 e l’uomo che sta morendo fra le fiamme è il filosofo Giordano Bruno.

Filippo Bruno nasce a Nola nel 1548 e assume il nome di Giordano entrando a 15 anni nel convento di S. Domenico a Napoli. Giordano è appassionato di teologia e filosofia, ha animo irrequieto e malvolentieri accetta i dogmi, vuole studiare e capire. Nel convento, anche se la maggior parte dei confratelli si dimostra rozza e priva di cultura, Giordano trova una grande biblioteca e ha modo di leggere le opere di molti pensatori fra cui Aristotele e Tommaso d’Aquino, Marsilio Ficino e Nicola Cusano.

Nel 1576 viene denunciato da un confratello per aver messo in dubbio il dogma della Trinità e aver letto un libro di Erasmo, autore proibito. Giordano Bruno fugge allora a Roma ma temendo l’arresto, smette l’abito talare e abbandona la città.

Nei quindici anni successivi è prima in varie parti d’Italia, poi in Francia, Inghilterra, Germania e Svizzera, tenendo lezioni nelle Università e pubblicando le sue opere, sempre senza rinunciare alle sue teorie e per questo duramente attaccato, sottoposto ad arresti ed espulsioni, costretto a spostarsi continuamente.

Nel 1591 rientra in Italia e nel marzo 1592 accetta l’ospitalità di un nobile veneziano, Giovanni Moncenigo che solo due mesi dopo presenta all’Inquisizione una denuncia, accusando Bruno di blasfemia, di praticare arti magiche. Giordano Bruno viene arrestato e nel 1593 trasferito a Roma. Il filosofo si difende dalle accuse d’eresia senza rinnegare la propria idea di un universo infinito e cercando di dimostrare che questa non è in contrasto con la religione; ma alle prime accuse se ne aggiungono via, via di nuove, fino ad arrivare alla sentenza di morte dell’8 febbraio 1600, alla lettura della quale Bruno avrebbe risposto con la famosa frase: «Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla». Il 17 febbraio, dopo aver rifiutato la confessione, viene condotto in Campo de’ Fiori e arso vivo.