LA DATA

17 marzo 1992

La Storia fece un gran salto quel giorno. Il referendum per la fine dell’apartheid in Sudafrica passò con il 68,7% di “sì”. Una delle più lunga e odiose pagine della storia la politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca dal secondo dopoguerra agli anni Novanta, l’apartheid, era peraltro già stato dichiarato crimine internazionale dalle Nazioni Unite nel 1973 e successivamente inserito nella lista dei crimini contro l’umanità.

Apartheid era la separazione dei bianchi dai neri nei quartieri, sui mezzi e nelle strutture pubbliche. Fu l’istituzione dei “bantustan”, territori semi-indipendenti così chiamati, in realtà riserve o ghetti in cui i neri (che rappresentavano l’80 della popolazione sudafricana) furono costretti a trasferirsi per volere dei coloni inglesi e degli afrikaner.

La fine dell’apartheid (TESSERE ne ha parlato anche qui) è legata alla liberazione di Nelson Mandela, avvenuta nel 1990 dopo 27 anni di prigionia e la sua successiva elezione a capo dello Stato. Come era avvenuto per Mahatma Gandhi in India e per Martin Luther King negli Stati Uniti, chi si batteva per i diritti civili e la lotta ai pregiudizi ora aveva un nuovo eroe: Madiba (il nome tribale di Nelson Mandela). Oggi l’apartheid formalmente non esiste più, il Sudafrica è libero, democratico, ma le differenze sociali, le discriminazioni persistono ancora. Lì, come nel resto del mondo.