IL NUMERO

2-13/10-23

Secondo diverse indagini, condotte negli ultimi anni da “Gallup International“, uno dei più quotati istituti di ricerca mondiale, le persone che si professano atee o agnostiche (che non seguono, cioè, alcuna confessione religiosa), sono rispettivamente dal 2 al 13% e dal 10 al 23% della popolazione mondiale, con una netta predominanza dei secondi.

La distribuzione, naturalmente, varia da Paese a Paese, ma atei e agnostici sono la maggioranza rispetto al numero complessivo di residenti, nella Penisola Scandinava, nella Repubblica Ceca, in Germania, nei Paesi Bassi, in Cina e in altre zone dell’Asia orientale. Prendendo a riferimento la popolazione globale, il 76% di non credenti, che in alcuni Paesi fondamentalisti vengono definiti blasfemi, si concentra in Asia e in Oceania, il 12% si trova in Europa, il 5% i Nord America, il 4% in America Latina e nei Caraibi.

Insomma una bella fetta della popolazione del pianeta, che tuttavia non se la passa tanto bene nei Paesi segnati dal fondamentalismo di natura islamica e, più in generale, per la diffusione nel mondo dell’estremismo religioso. Almeno stando a quanto sostengono Raffaele Carcano e Adele Orioli in un articolo dal titolo Liberiamo il pensiero libero. Basta persecuzioni contro gli atei, pubblicato il 6 novembre dalla rivista “Micromega”, diretta da Paolo Flores D’Arcais. Le persecuzioni, intendendo con questa parola denunce, arresti, torture, condanne, istigazione al suicidio, uccisioni, si concentrano nei Paesi islamici, anche se, si legge nell’articolo, in Russia, un uomo «è stato condannato a tre anni e mezzo soltanto per aver giocato a Pokemon Go in una chiesa, un altro ha invece rischiato il carcere per aver negato su internet l’esistenza di Dio. Nel 2012, in Grecia, un giovane è stato arrestato e poi condannato a dieci mesi per aver preso in giro su Facebook un monaco ortodosso. In Spagna, meno di due mesi fa è stato arrestato l’attore Willy Toledo» per aver offeso il sentimento religioso.

«I peggiori Paesi sono, non sorprendentemente, Arabia Saudita, Iran, Afghanistan, Maldive e Pakistan. I migliori sono – riporta l’articolo – Belgio, Olanda, Taiwan, Nauru, Francia e Giappone (con tanti saluti a chi pensa che la laicità sia solo una costruzione ideologica occidentale). L’Italia, ovviamente, è ben fuori dalla top ten dei migliori. Perché, nonostante il dettato costituzionale, le discriminazioni verso i non credenti dello stivale (almeno dieci milioni) sono quotidiane e sistematiche, bestemmia a parte. In almeno 71 Paesi al mondo i blasfemi subiscono gravi discriminazioni: in 46 (perlopiù stati islamici o con una popolazione a maggioranza musulmana) le discriminazioni possono portare alla prigione, in 7 alla condanna a morte. 18 paesi criminalizzano l’apostasia: 12 di essi la puniscono con la pena di morte»

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