IL NUMERO

20

20 anni fa, l’11 gennaio 1999, se ne andava Fabrizio De André, il più grande cantautore di tutti i tempi, l’inquieto principe degli ultimi,  il poeta genovese che, con i suoi testi dissacranti e pieni di storie di anime nere, corrotte e perse, rivoluzionò la musica italiana.

Su Faber, come lo aveva soprannominato l’amico Paolo Villaggio, è stato scritto e detto tutto. Non resta altro che ricordarlo con le sue stesse parole…

«Cosa avrebbe potuto fare alla fine degli anni Cinquanta un giovane nottambulo, incazzato, mediamente colto, sensibile alle vistose infamie di classe, innamorato dei topi e dei piccioni, forte bevitore, vagheggiatore di ogni miglioramento sociale, amico delle bagasce, cantore feroce di qualunque cordata politica, sposo inaffidabile, musicomane e assatanato di qualsiasi pezzo di carta stampata? Se fosse sopravvissuto e gliene si fosse data l’occasione, costui, molto probabilmente, sarebbe diventato un cantautore. Così infatti è stato».

…e la sua musica, tratta dal concerto registrato al Teatro Brancaccio di Roma il 13 e il 14 febbraio del 1998, un anno prima della morte.