Aretha Franklin è la prima donna ad entrare nella Rock and Roll Hall of Fame, il discusso museo di Cleveland dedicato alle star del rock and roll. Succede quattro anni dopo la nascita della Fondazione omonima che gestisce il museo, il 3 gennaio 1987. Il primo gruppo di artisti era stato inserito il 23 gennaio del 1986 e non contemplava donne fra le stelle presenti: Chuck Berry, James Brown, Ray Charles, Sam Cooke, Fats Domino, The Everly Brothers, Alan Freed, John Hammond, Buddy Holly, Robert Johnson, Jerry Lee Lewis, Little Richard, Sam Phillips, Elvis Presley, Jimmie Rodgers e Jimmy Yancey. Grandissimi musicisti, senza dubbio; ma il museo fu fortemente criticato per non aver inserito alcuni musicisti fondamentali per la storia del rock, che avevano l’unica “colpa” di non essere diventati ricchi e famosi, pur essendo stati punti di riferimento e fonte d’ispirazione per molti altri.
Anche la carriera di Aretha Franklin aveva tardato molto ad arrivare: lunghi anni di vita faticosa e complessa, conditi da due gravidanze da giovanissima e un matrimonio affogato nell’alcool alle spalle. Scriveva Dylan Thomas «Ventiquattro anni mi ricordano le lacrime agli occhi», ma per Aretha a ventiquattro anni arrivò il momento delle scelte che la porteranno a realizzare l’ultimo verso di quella poesia: «Io vado avanti quanto è lungo il sempre». Era il 1967, e per tre anni Lady Soul cantò un successo dietro l’altro. Ma il lato oscuro era rimasto in agguato, e riapparve pronto a portarsela di nuovo nel buio. Solo la sua spettacolare interpretazione di Think nel film The Blues Brothers ne consacrò la fama e la riportò alla ribalta; da allora Aretha cantò spesso in duetto con altri grandi musicisti, da George Michael a Elton John, da Whitney Houston a Pavarotti. Fu dichiarata “risorsa naturale del Michigan”, come un giacimento d’oro o di petrolio.
Al di là della musica, Aretha è anche un’icona della battaglia per i diritti civili, dei neri e pure delle donne. Non a caso ha cantato, ribaltandone le parti, la canzone maschilista di Otis Redding Respect; non a caso ha cantato uno dei brani manifesto dei Civil Rights Movement, Change is Gonna Come, scritta dal suo amico d’infanzia Sam Cooke. Cantò alla cerimonia funebre di Martin Luther King e a quella di Rosa Parks, nel 2005, al Greater Grace Temple Church di Detroit.
Aretha è donna di primati. Si è aggiudicata ventuno premi Grammy, vincendone otto consecutivamente nella stessa categoria, dal 1968 al 1975, tanto che il premio cominciò ad essere chiamato The Aretha Award, Il premio Aretha. Ha venduto 75 milioni di dischi. Nel 2004 una classifica della rivista Rolling Stone l’ha collocata al nono posto tra i 100 artisti più grandi nella storia della musica, e sei anni dopo l’ha spostata al quinto, il piazzamento più alto per una donna. Ancora Rolling Stone l’ha messa, sempre nel 2010, al primo posto della classifica 100 Greatest Singers. Incredibile fonte d’ispirazione, Aretha è fra le più influenti nella storia della musica: l’hanno citata come modello, a volte eseguendone cover, artiste come Anastacia, Alicia Keys, Beyoncé, Mary J. Blige, Fantasia, Joss Stone, Jennifer Hudson, Usher, Giuni Russo, Giorgia ed Elisa. Ci ha lasciato il 16 agosto del 2018 nella sua Detroit, a settantasei anni, per un cancro al pancreas.