IL NUMERO

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Secondo l’Istat, sono 4 su 10 i giovani, nella fascia di età tra 15 e 34 anni, che riescono a trovare lavoro grazie allo “sponsor”. Un fenomeno tipicamente italiano, quello della raccomandazione, che continua a mietere vittime tra chi la spinta di amici, parenti, conoscenti, amanti e amici degli amici, invece non ce l’ha.

Per la metà delle persone in cerca di un’occupazione, quindi, più che il curriculum poté la telefonata giusta al momento giusto. Il fenomeno non guarda in faccia nemmeno la provenienza geografica e l’estrazione sociale. La differenza la fa invece l’istruzione, perché, è sempre l’autorevole istituto di statistica a dirlo numeri del 2016 alla mano, affidarsi alla spinta si riduce con l’aumentare del livello di istruzione. A quel punto, infatti, in teoria, intervengono altri canali di accesso.

Il secondo “metodo” più utilizzato per trovare lavoro è quello di rivolgersi direttamente al datore. Lo fa un giovane su cinque, mentre almeno il 12 per cento avvia una propria attività autonoma. Se poi il Bel Paese non dà risposte, almeno tre laureati su dieci sono pronti a fare i bagagli e a trasferirsi all’estero, dove è più facile trovare un’occupazione conforme alle proprie aspettative. L’Istat, in sintesi, sta dicendo che la fuga dei cervelli dall’Italia è un fenomeno in aumento e di cui bisognerebbe preoccuparsi.

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