LA DATA

6 novembre 1835

«Il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali inferiori». È la frase più citata e famosa di Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, nato a Verona il 6 novembre del 1835. Medico, antropologo, sociologo e giurista, pioniere degli studi sulla criminalità e sull’antropologia criminale, è considerato il padre della moderna criminologia per l’approccio scientifico che, per primo, ha dato a questa disciplina.

Lombroso era anche un esponente del Positivismo associato alle teorie della fisiognomica, ossia il tentativo di ricondurre la determinazione del carattere degli individui alle caratteristiche fisiche, e del “darwinismo sociale”, che nel corso dei suoi studi lo portarono a formulare solide teorie sul concetto di “criminale per nascita”.

In poche parole, Lombroso riteneva che l’origine del comportamento criminale fosse connaturata nelle caratteristiche anatomiche del criminale stesso (come ad esempio la misura del cranio o alcune deformità), che pertanto si distingueva dagli altri per alcuni elementi del proprio aspetto. Il comportamento, cioè, sarebbe stato influenzato dalle anomalie fisiche, che Lombroso chiamava atavismi. Ragione per cui riteneva che l’inclinazione al crimine fosse una patologia ereditaria, che come tale doveva essere curata con un approccio clinico. I fattori sociali, ambientali, familiari e formativi non vennero presi in considerazione se non nella fase finale della sua carriera.

Questa “pseudoscienza”, che si rifaceva anche alla frenologia (una teoria secondo cui le funzioni psichiche di ogni individuo dipenderebbero da particolari aree del cervello e dalla conformazione del cranio) è stata oggi completamente superata, ma già allora le teorie di Lombroso non erano pienamente accettate dall’ambiente accademico, tanto che fu radiato dalla Società italiana di Etnologia e Antropologia nel 1882.

Le sue ricerche, condotte, da positivista quale era, con l’osservazione e la pratica, lo portarono anche ad identificare alcune specifiche categorie di delinquenti: gli occasionali, che trasgredivano per caso la legge, i criminali d’abitudine, che iniziavano come occasionali poi continuavano a delinquere, i latenti, coloro che non avevano ancora avuto l’occasione di compiere azioni criminali. A queste tre categorie, Lombroso ne aggiunse una quarta, i delinquenti per passione, che commettevano crimini per altruismo e che finivano per espiare la colpa con il suicidio.

Nella sua lunga carriera accademica, Lombroso produsse una grande quantità di ricerche gran parte delle quali sono confluite nelle cinque edizioni dello studio L’uomo delinquente. Sicuramente gli va riconosciuto il merito aver stimolato altri ricercatori a occuparsi della criminologia in ottica moderna, anche se non riuscì a dimostrare adeguatamente le proprie ipotesi e a rendersi conto di diversi gravi errori legati all’impostazione degli studi, nonostante il lavoro scientifico.

Nel 1876 Lombroso fondò il famoso museo di antropologia criminale che porta il suo nome e che fa parte della rete museale dell’Università di Torino. Una collezione unica al mondo che raccoglie i reperti messi insieme durante tutta la vita di studioso: circa 700 crani e una trentina di scheletri umani, poco meno di 200 cervelli umani, crani e resti di scheletri animali, oltre 500 corpi di reato, ferri di contenzione, maschere mortuarie, manufatti e disegni di alienati, fotografie di criminali e folli. C’è anche lo scheletro di Lombroso, che aveva deciso di lasciare alla scienza, così come il suo volto conservato sotto formalina (non esposto). La sede attuale è al Palazzo degli Istituti anatomici a Torino.

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