IL NUMERO

60

60 paia di scarpe in bronzo, divenute ormai di color nero fumo, opera dello scultore Pauer Gyula, ricordano i morti della Shoah, a presente e futura memoria.

Le scarpe del ricordo sono a Budapest, sulle rive del Danubio, nella città dove la milizia delle Croci Frecciate, che collaborava con i nazisti, fra il 1944 e il 1954, fece deportare e assassinò migliaia di ebrei ungheresi. Molti furono imprigionati nelle loro case del ghetto e lasciati morire di fame e di freddo; moltissimi furono deportati nei campi di concentramento. Altri furono catturati ed uccisi sul posto.

Per loro non ci furono fosse comuni. Dopo aver subito torture e violenze, l’ultimo atto della tragedia: essi venivano trascinati sul Danubio, e lì derubati delle scarpe, simbolo della loro dignità, uccisi a fucilate e gettati nelle acque, legati a gruppi di tre: tutti, donne, anziani, bambini, nessuno escluso, qualcuno ancora vivo.

Dal 2005, il memento delle scarpe degli ebrei ungheresi, che, idealmente percorrono ancora e sempre le strade della loro città, resta laggiù, testimone silenzioso, senz’altra musica, se non i mormorii del fiume.

 

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