MEMORIE

Perché la memoria della Memoria

Il 27 gennaio di ogni anno, a partire dal 2005, si celebra il Giorno della Memoria, in commemorazione dei circa 11 milioni di persone morte nei lager presenti in Germania, Austria, Polonia, Italia, Francia e in altri stati, di cui 6 milioni erano ebrei.

Quel giorno, infatti, nel 1945, le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il Lager – in tedesco “campo” o “magazzino” – di Auschwitz, la città polacca di Oświęcim, uno dei campi di lavori forzati (Arbeitslager), di concentramento (Konzentrationslager) e di sterminio (Vernichtungslager) sistematicamente messi in piedi dai nazisti a partire dal 1933, prima come luoghi di internamento degli oppositori politici (comunisti, socialdemocratici, obiettori di coscienza) e poi, dal 1938, a partire dalla Notte dei cristalli il 9 e 10 novembre, come punti di deportazione principalmente degli ebrei nell’ambito della campagna antisemita in Germania, Austria e Cecoslovacchia, ed anche di zingari, omosessuali, apolidi, testimoni di Geova, persone considerate “criminali abituali” o “elementi antisociali”: prostitute, mendicanti, barboni, alcolisti, trasgressori delle leggi, psicopatici.

Fra il 1933 e il 1945 furono costruiti 20.000 Lager: i più noti in Germania, Austria e Polonia furono quelli di Dachau (il primo), Auschwitz, Buchenwald, Birkenau, Mauthausen. In Italia, il regime fascista ne organizzò a Fossoli vicino a Carpi, a Trieste (la Risiera di San Sabba), nel comune di Tarsia in provincia di Cosenza (il Ferramonti), ed ancora a Bolzano, a Borgo San Dalmazzo in provincia di Cuneo, a Grosseto, in Puglia.

Sottratti da Hitler al codice penale ed ai procedimenti giudiziari ordinari, i Lager avevano status di “unità amministrative legalmente indipendenti”. La teoria legale e sociale della loro istituzione fu puntualmente formulata nel 1936 dal consigliere di Himmler, Werner Best, il quale, con un approccio “biologico e terapeutico”, intese far coincidere il “principio politico del totalitarismo” col “principio ideologico della comunità nazionale organicamente indivisibile”, affermando che “ogni tentativo di procurare un riconoscimento ad idee politiche diverse o addirittura di sostenerle, sarà stroncato nel modo più spietato, come sintomo di una malattia che minaccia l’unità sana dell’organismo nazionale indivisibile”.

L’eugenetica – la teoria cioè del perfezionamento della specie umana attraverso selezioni artificiali che facciano prevalere i caratteri fisici e mentali ritenuti positivi, eliminando quelli ritenuti negativi o disgenici – prese così corpo nel programma nazista “Aktion T4”: la soppressione, sotto responsabilità medica, di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali e fisici (ma solo gravi), ovvero di quelle vite considerate, non da chi le viveva, “indegne di essere vissute”. Un’eutanasia coatta che si stima abbia eliminato all’incirca 200 mila persone. T4 è l’abbreviazione di “Tiergartenstrasse 4”, l’indirizzo della via di Berlino dove era situato il quartier generale dall’ente pubblico per la salute e l’assistenza sociale, che scelse come principale luogo dove eseguire il programma il castello di Hartheim ad Alkoven, nei pressi di Linz, in Austria. Anche in Italia, a partire dall’11 ottobre 1944 e dal manicomio di Venezia, fu messo in atto lo sterminio dei disabili.

Il Giorno della Memoria è stato designato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1° novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria con la risoluzione 60/7.

Prima delle Nazioni Unite l’Italia ha formalmente istituito il Giorno della Memoria. È la legge n. 211 del 20 luglio 2000: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».

Prevede che vengano organizzati «cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere».

Oltre al 27 gennaio c’è un’altra data importante in questo impegno per conservare la memoria: è il 6 marzo, anniversario della morte di Moshe Bejski, presidente per 25 anni della Commissione dei Giusti del Yad Vashem di Gerusalemme, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah che ha riconosciuto, fino al 1º gennaio 2016, 26.120 persone come “Giusti tra le Nazioni”, cioè non ebrei che durante l’Olocausto si sono impegnati, a rischio della vita e senza nessun interesse economico, a soccorrere gli ebrei perseguitati. Si chiama Giornata europea dei Giusti ed è stata istituita dal Parlamento europeo il 10 maggio 2012 su proposta di Gariwo la foresta dei Giusti.

Gariwo – acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide – è un’organizzazione no profit fondata nel 1999 a Milano da Gabriele Nissim, Pietro Kuciukian, Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli, con lo scopo di accrescere e approfondire la conoscenza e l’interesse verso le figure e le storie dei Giusti. Ha intrapreso anche iniziative per il dialogo e la riconciliazione tra le etnie che si erano contrapposte nelle guerre jugoslave e per il ricordo del genocidio in Ruanda.

 

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