IL NUMERO

7.000

Sono 7.000 i trapianti di cuore che vengono eseguiti ogni anno nel mondo.

Era la mattina del 3 dicembre 1967 e per la prima volta un essere umano viveva grazie al cuore donato da una giovane donna.

Era il 3 dicembre 1967 quando il chirurgo sudafricano Christian Barnard decise di eseguire un intervento che ha segnato la storia della medicina e la vita di migliaia di persone.

Si pensa sempre che sia il cervello la sede delle nostre emozioni ma, per quanto mi riguarda, la sede di tutto quello che siamo è e rimane il cuore.

Soltanto chi nel mondo è dovuto passare dallo sconforto alla gioia di poter continuare a vivere grazie alle scoperte scientifiche e alla grande generosità di altri esseri umani che hanno donato i propri organi può comprendere appieno ciò di cui parlo.

Era il 3 dicembre del 1967 quando quel 35enne chirurgo sudafricano provò su una donna e un uomo, con coraggio e sfrontatezza, ciò che fino ad allora aveva sperimentato soltanto su cani, babbuini e scimpanzé. Il giorno prima, verso sera, al pronto soccorso del Grote Schuur Hospital di Città del Capo erano arrivate una madre e la figlia 25enne, Denise Darvall, investite mentre attraversavano la strada. Per la madre non c’era più niente da fare. Sulla figlia si tentò il tutto per tutto, ma il trauma cerebrale della giovane era irreversibile. Il suo cuore però continuava a battere. La condizione ideale per la “pazza idea” di Barnard. Per anni si era esercitato con organi di animali. Sull’uomo era stato pioniere nel suo Paese trapiantando un rene, nel 1959 (il primo al mondo era già stato eseguito sei anni prima negli Stati Uniti). Ma il cuore era ancora un tabù.

Dodici minuti dopo l’arresto cardiaco di Denise, a capo di un team di trenta persone tra medici e infermieri Barnard preleva il cuore della giovane per trapiantarlo al 54enne Louis Washkansky. Nove ore di intervento. Quasi all’alba di domenica 3 dicembre, come ieri, mezzo secolo fa, la storia fece un triplo salto epocale. Il ricevente, già in condizioni critiche, sopravvisse soltanto 18 giorni ma spianò la strada al secondo trapianto, un mese dopo. Il cuore di un nero, Clive Haupt, venne trapiantato a un uomo bianco, il dentista Philip Blaiberg, che vivrà per 19 mesi. L’anno dopo a ricevere un cuore sarà per la prima volta una donna, di colore: Dorothy Fisher, che visse dodici anni e mezzo. Allora la ciclosporina, un principio attivo ricavato da miceti, non c’era ancora. Arrivò nel 1979 e da quel momento il successo dei trapianti di cuore (e degli altri organi) crebbe sempre più. Il rigetto d’organo da parte del sistema immunitario verrà sempre meglio neutralizzato.

Poco o nulla si sa di un altro gigantesco protagonista di quel 3 dicembre 1967. Edward Darvall aveva appena perso la moglie e la figlia, avrebbe facilmente potuto mandare a quel paese Barnard e il mondo intero. Eppure disse sì, cambiando la storia dell’umanità. Dissero sì anche Reginald e Maggie Green quel 1° ottobre 1994 dopo che il loro Nicholas era stato ucciso a 7 anni sulla Salerno-Reggio Calabria dal fuoco di una banda di rapinatori mentre era in auto addormentato sul sedile posteriore. Dei suoi organi beneficiarono sette bambini italiani. Da quel momento la cultura della donazione di organi decollò anche da noi e oggi l’Italia, da fanalino di coda, è ai primi posti in Europa per numero di trapianti. L’anno scorso, da cadavere, ne sono stati effettuati 3.417 (più del 2015) e quest’anno, stando ai dati preliminari del primo semestre, sarebbero addirittura in ulteriore aumento.

Oggi la sopravvivenza media supera i dieci anni e i cardiotrapiantati nel mondo sono circa settemila l’anno.

Anche per me c’è una “novella” Denise, a cui poter dire sempre grazie. E un grazie particolare a Nicolas Green.