IL NUMERO

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Approssimata per eccesso, è la percentuale media (esattamente l’8,6%) di aumento delle tariffe della telefonia mobile, all’indomani dell’entrata in vigore della legge 172/2017. Il nuovo decreto fiscale, approvato il 16 ottobre 2017 e convertito in legge il 4 dicembre, introduce l’obbligo di fatturazione mensile per le compagnie di rete mobile e per i gestori delle pay tv, che hanno dovuto adottare la tariffazione a 30 giorni e non più ogni 28. Un trucco che, alla fine dell’anno, portava i clienti a pagare la promozione per 13 e non 12 volte come sarebbe normale aspettarsi, con un introito milionario per i gestori della rete.

In questi giorni, Wind, Tim, Vodafone e Tre stanno inviando sms ai propri clienti per informarli della “novità”, introducendo contestualmente il concetto che l’offerta potrebbe essere modificata e che il cliente ha diritto di recedere se non d’accordo. Ma recedere per andare dove, se più o meno tutti (alla faccia dell’antitrust) hanno ritoccato le tariffe?

Quindi, alla fine paga sempre Pantalone e se i mesi da conteggiare tornano ad essere 12, un lieve aumento della tariffa (nella media indicata dell’8,6%) riporta la somma pagata in un anno alla stessa cifra delle 13 mensilità precedenti alla legge.

Insomma, fatta le legge, trovato l’inganno: la cifra da pagare sarà la stessa, forse con qualche centesimo in più addirittura, oppure diminuiranno i minuti e i bonus contenuti nelle offerte. L’esempio trovato su diversi siti che si occupano di telefonia mobile lo dimostra: se un cliente che aveva sottoscritto un’offerta di 10 euro ogni 28 giorni pagava alla fine dell’anno 130 euro (13 mesi), con l’aumento previsto, ora pagherà 10,86 euro per dodici mesi pari a 130,32 euro all’anno, con un guadagno di 30 centesimi per l’operatore.

Un bel colpo, non c’è che dire, anche se al momento sono calcoli che dovranno essere confermati dai fatti, da qui ai prossimi giorni.

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