LA DATA

9 luglio 1962

Il 9 luglio del 1962, alla Ferus Gallery di Los Angeles, si tenne la prima mostra personale di Andy Warhol, il maggiore esponente della Pop Art e tra gli artisti più celebrati del XX secolo.

Fu proprio in questa occasione che Warhol espose la celeberrima Campbell’s Soup Cans, l’opera simbolo, destinata a diventare il manifesto di questa nuova corrente artistica, che nel popolare aveva la sua principale fonte di ispirazione. Dando corpo a un’idea della giovane gallerista Muriel Latow, che aveva suggerito a Warhol di dipingere «qualcosa che chiunque potesse riconoscere», l’istrionico artista compose 32 immagini serigrafiche che riproducevano i barattoli in latta di una famosa zuppa di pomodori. La Campbell, appunto, notissima e consumatissima in tutti gli Stati Uniti.

Il pubblico, entusiasta, decretò l’immediato successo per il 34enne originario di Pittsburgh, dove era nato nel 1928 da genitori di origine slovacca, e sdoganò l’ingresso dello scaffale del supermercato nelle alte sfere dell’arte. Questa percezione avrebbe accompagnato per sempre la produzione di Warhol e della Pop Art, popolare perché di massa, prodotta in serie e utilizzando le forme d’espressione tipiche della società dei consumi: la pubblicità, i fumetti, lo star system.

Il celebre dipinto esposto alla Ferus Gallery, che all’epoca Warhol vendette per mille dollari, quando nel 1996 fu acquisito dal Museo d’Arte Moderna di New York, dove è tuttora è esposto, venne valutato 15 milioni di dollari.

La ricetta utilizzata da Warhol, diplomato in arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh, collaboratore di riviste patinate come Vogue, era, in apparenza, molto semplice: prendere un’immagine-icona, ripeterla in serie, con l’ausilio dell’impianto serigrafico, alterandone i colori, in alcuni casi trasformandoli in un poster.

«Non è forse la vita una serie d’immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?», usava dire l’artista, che leggeva nei prodotti di massa una sorta di democrazia sociale. «Anche il più povero dei poveri può bere la stessa Coca-Cola che beve Liz Taylor o Jimmy Carter» e anche l’oggetto di consumo può diventare una forma di arte altamente espressiva e popolare, più facilmente accessibile e comprensibile. Sua la celebre frase: «Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti».

Erano gli anni del boom economico e Warhol lo celebrava a suo modo.
Artista poliedrico e visionario, dal talento “diffuso”, come hanno scritto molti suoi biografi, è stato anche scultore, regista, produttore cinematografico, direttore della fotografia, attore, sceneggiatore.

La sua breve attività artistica, morì nel 1987 non ancora sessantenne, conta tantissime opere, tutte in serie. Le più famose sono diventate vere e proprie icone: Marilyn Monroe, Mao Tse-Tung, Che Guevara, Jim Morrison, Liz Taylor, Jimmy Carter, la Regina Elisabetta, Mike Jagger, John Lennon, Elvis Presley, la lattina della Coca-Cola. Negli ultimi anni di attività spostò la sua attenzione sui grandi artisti del passato, come Leonardo Da Vinci e Piero della Francesca, di cui rivisitò i grandi capolavori. Un esempio per tutti Last supper, ispirato all’Ultima cena di Leonardo.

Nel periodo di maggiore successo, i vip dell’epoca facevano a gara per essere suoi amici, partecipare alle sue celebri feste, essere da lui ritratti. Il proprio volto riprodotto in serie da Warhol divenne un must che confermava lo status sociale e apriva le porte dell’olimpo delle celebrità.
La fama e la quotazione economica delle opere di Warhol crebbero vertiginosamente dopo la sua morte, al punto da renderlo l’autore più venduto al mondo, secondo solo a Pablo Picasso.