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Buon Natale!

La madre è una sconosciuta madonna sorridente, lui (lei) dorme al caldo dentro una cassetta di plastica per la frutta. Intorno indovino il sipario di una tenda, e ancora più oltre un campo dove migliaia di esseri umani si ammassano come mandrie sbandate. Nelle nostre case calde e piene di luci, questa immagine sembra arrivare da un asteroide remoto. E tuttavia: posso augurare buon natale! alle migrazioni e ai migranti, al tormento e alla speranza nonostante tutto?

Nel nostro altrove – un altrove a poche centinaia di chilometri – si parla d’altro: scrive la mia amica Lucia che vive a Istanbul: «un Paese che sta giorni e giorni a parlare di Spelacchio, è più morto di lui». Ha ragione Lucia, che da quella frontiera orientale vede ben altre tragedie che la morte di un abete deportato a esalare l’ultimo respiro tra l’altare della patria e il fatale balcone di Piazza Venezia. Eppure mi fanno pena quei rami stecchiti in mezzo al traffico, e mi fa rabbia la stupidità e la sciatteria delle anime morte che hanno organizzato questo pietoso auto da fè nel centro di Roma.

Così, e chiedo scusa, buon Natale! a Spelacchio, e buon Natale! anche al suo sfortunato fratello senza nome: l’abete segato alla radice e rubato dalla Galleria Umberto, in pieno centro di Napoli, per poi essere ritrovato – spoglio e deturpato – nei vicini quartieri spagnoli. Questo truce sberleffo non fa notizia, perché Napoli, e tutto quello che si muove e si accumula e si agita e si contorce sotto Napoli è il nostro altrove domestico, il nostro medio ed estremo oriente, il nostro Stato fallito a due ore di auto dal Mulino bianco nazionale.

E buon Natale! anche a Giorgia Meloni, giovane leader del partito sovranista, che si mette in posa davanti ai fotografi nel lindo salottino di casa, alle prese con un bianco presepe. È contenta, Giorgia, perché ha appena respinto l’assalto di migliaia di ragazzi nati in Italia che pretendevano – immaginate l’arroganza – essere considerati italiani. Dopo la paura, tutto è tornato al suo posto: il roseo bambino è nella culla, l’immacolata Madonna lo veglia, il rude montanaro Giuseppe lo protegge, una schiera di angeli ariani portano al mondo la buona novella. E non si vedono all’orizzonte schiere di barbari invasori (il nero Baldassarre deve ancora arrivare).

Buon Natale! poi al sindaco di Como – di cui non voglio parlare – che ha dichiarato guerra ai mendicanti della sua città, e ha già guadagnato un titoletto o almeno una nota a piè di pagina nella prossima edizione della Storia universale dell’infamia.

Buon Natale! anche ai sette Paesi, alle sette potenze mondiali, che all’Onu, con sprezzo del pericolo, hanno votato sì al riconoscimento di Gerusalemme capitale dello Stato di Israele. I loro nomi sono da oggi scritti nel granito: Guatemala, Honduras, Togo, Micronesia, Narau, Palau, Isole Marshall. Forte di questa Santa Alleanza, Donald Trump dichiara guerra al resto del pianeta. «Ce ne ricorderemo», ha minacciato.

Buon Natale! infine, ma davvero, a don Walter Magni, parroco di Castellanza, che ha ideato e distribuito ai fedeli della sua chiesa il kit per la benedizione natalizia: il foglietto con la preghiera, una piccola ampolla di acqua santa, un lumino e una busta per le offerte. Davanti allo scandalo, don Walter ha tenuto il punto: «la vera fede è cosa intima e personale…».

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