DIALOGARE IN PACE VISIONI

Una chat per comunicare davvero

I social spesso alimentano una comunicazione incapace di comunicare davvero. Leggendo un articolo pubblicato da TESSERE, due studenti che stanno mettendo a punto una piattaforma capace di favorire un dialogo non aggressivo e "genuino", danno qualche indicazione per usare meglio le chat.

Dopo aver letto l’articolo In chat a Palo Alto del blog “Guardare negli occhi l’assurdo” di Daniele Pugliese, riproposto nella rubrica “Dialogare in pace” di TESSERE con il titolo Le chat come sviluppi della “Pragmatica umana della comunicazione”, Sara e Simone Marullo – sorella e fratello e studenti all’Università di Siena rispettivamente in Computer and automation engineering (Laurea magistrale) e in Ingegneria informatica e dell’informazione (Laurea triennale), nonché animatori del progetto AboutUs, mirato a costruire una piattaforma chat che, al contrario di Whatsapp e simili, sia orientata ad avvicinare le persone al comunicare anziché allo sciocchezzario o al battibecco – hanno proposto questo articolo che potrebbe essere, come speriamo, il primo di una serie per la  rubrica “Dialogare in pace”, nata proprio per stimolare chiunque a una comunicazione capace di far giungere davvero i messaggi in uscita a chi sono destinati e per questa via a far stare bene le persone insieme.

Sara e Simone Marullo

Parole. Parole che danzano nell’aria, ponte tra due altrimenti monadi. Parole su carta, che dall’interiorità fluiscono attraverso la penna diventando manifeste.

Parole allegre, tristi, profonde, criptiche.

Le parole, la scelta delle parole utilizzate, sono il nucleo del dialogo. Anche gli animali comunicano tra loro, le formiche sono un fantastico esempio di comunicazione efficiente, ma il dialogo tra esseri umani va oltre la semplice (e mirabile) ricerca di efficienza organizzativa. I grandi della letteratura ci insegnano l’attenzione per la gravitas di ciascuna parola, il famoso labor limae suggerito da Petrarca.

Per mezzo del linguaggio, sentimenti e sensazioni si trasformano, da materiale magmatico, in qualcosa di esprimibile e dunque comunicabile all’altro. La comunicazione è un entusiasmante anelito verso il completamento (impossibile) del puzzle infinito che descrive il mondo. Al contempo chi parla, ed ancor più chi scrive, ha la possibilità di vedere meglio i propri pensieri e sentimenti.

Questo è quello che dovrebbe essere il dialogo… eppure, in questa società frenetica, che corre chissà dove e vive aspettando Godot, il dialogo si è perso. Parole, parole, parole. Tante parole continuano ad essere pronunciate, forse perché se d’improvviso venissero a mancare, sarebbe difficile sopportare oggi l’assordante crescendo del silenzio, che chiederebbe a ciascun uomo: «Dove sei? Dove vai?»

E, nel frattempo, il silenzio, come qualunque attività quotidiana, è squarciato dai trilli dello smartphone, che ci notifica qualunque novità social, rubandoci all’hic et nunc.

Tanti di noi parlano in chat continuamente, compulsivamente. Qualunque sciocchezza accada, ecco l’impulso a doverla scrivere a qualcuno… anche se magari potremmo raccontargliela di persona, qualche ora dopo, e riderne insieme. A volte anche le cose serie vengono dette in chat, poi magari di persona si parla del meteo…

Per quanto fondamentali, le parole in sé sono solo una parte della comunicazione e questa incompletezza, aggravata dal depauperamento linguistico indotto dalla frenesia delle comunicazioni chat, suscita fraintendimenti che si amplificano e possono portare le persone, dal trovarsi in un punto d’intersezione comunicativa, a divergere rapidamente.

La rapidità e la frenesia inibiscono l’empatia e la ricerca della “parola giusta” per comunicare con l’altro e, a lungo andare, l’appiattimento linguistico non può che ripercuotersi sulla profondità esperienziale. Se la capacità creativa di descrivere e riconoscere le mille sfumature di pensieri, sentimenti e sensazioni, non viene coltivata, le esperienze vissute si riducono ad una superficialità confusa e confondente.

È ora di riscoprire il dialogo, tornare alle origini della comunicazione per rifondarlo nuovamente. Ma questo non è possibile facendo totalmente a meno delle comunicazioni mediate dalla tecnologia: equivarrebbe ad invertire la freccia del tempo, e tale eliminazione non ripristinerebbe in modo automatico competenze espressive già parzialmente intaccate. Sarebbe bello che la tecnologia, la quale dovrebbe essere di ausilio all’uomo, potesse dare qualche contributo in questo senso. Potrebbe una nuova piattaforma di comunicazione incoraggiare la creatività linguistica, la riflessione, l’empatia?

Citando il sociologo Derrick de Kerckhove, «il vero potere dell’individuo, anche dell’individuo immerso nella connettività della rete, è la misura del suo controllo della parola e della gestione del discorso nella sua mente».

Sarebbe proficuo poter concordare con il nostro interlocutore, di volta in volta, le caratteristiche della comunicazione. Sarebbe formativo avere un sistema di comunicazione costruito in tempo reale dall’utente, in un ambiente auto-regolamentato. Sarebbe equo che gli utenti di un sistema di chat non fossero meri utilizzatori, ma una community che discute su come migliorare la comunicazione mediata dalla tecnologia. Sarebbe straordinariamente naturale avere potere decisionale sulle nostre esperienze comunicative, base fondante della relazione “io-mondo”. Queste considerazioni sono state lo spunto per dar vita ad AboutUs, una breve dichiarazione d’intenti per una chat che rispetti l’essere umano.

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