ATTUALITÀ IL PERSONAGGIO STORIE

Ciao, Vanja

È morta Vanja Ferretti, giornalista de “l’Unità” per una vita. Aveva da poco compiuto i 70 anni. Come accade a molti di noi, ci siamo ritrovati solo dopo che il passaparola solidale che accomuna la diaspora dell’Unità, mi aveva avvertito del suo stato di salute precario.

L’ho così rivista, troppo tardi, nelle stanze riservate all’ hospice di un ospedale di Milano. Il respiro era già faticoso, ma i suoi occhi, vivaci ed espressivi, erano intatti, come allora.

Le ho chiesto se mi aveva riconosciuto. Mi ha risposto di sì e ha sussurrato il mio nome per darmi la prova. Abbiamo (uso di proposito il presente) la stessa età, ma Vanja è sempre stata un passo avanti, forse per via del fatto che nel giornale della nostra vita lei era arrivata molto prima, poco più che ventenne. Mentre io cominciavo il mio apprendistato da cronista milanese, lei era al lavoro per le pagine nazionali. Compagni che guardavo dal basso in alto (la cronaca di viale Fulvio Testi stava al piano di sotto del nazionale), felice e orgoglioso di essere lì, ma con l’idea che al piano superiore si occupassero di faccende davvero importanti.

Poi accadde che un giorno, il caporedattore Fasola mi chiese di affiancare Vanja per un servizio a Brescia, la mia città. Argomento la strage di piazza della Loggia. Era la primavera del 1976 e l’inchiesta si era avviata tra mille difficoltà. Chi poteva allora immaginare che ci sarebbero voluti quasi quarantacinque anni per arrivare alla verità, conquistata grazie alla tenacia di Manlio Milani?

Le feci da spalla, cercando di facilitarle il complesso lavoro di copertura di varie sedi istituzionali e fonti. Ebbene, ricordo ancora con un sorriso il mio imbarazzo: ero tutto compreso nel mio ruolo di fiancheggiatore dell’inviato dell’Unità. Vanja lo capì e tra uno spostamento e l’altro mi disse: «Beppe, guarda che io e te siamo qui allo stesso titolo, la gerarchia lasciamola nelle stanze che oggi dobbiamo visitare».

Festa nazionale de l’Unità, Tirrenia, Pisa, 1981. Vanja è la seconda da destra. Foto Blog Daniele Pugliese

Ancora non sapeva, la segretaria della nostra cellula, che quell’inchiesta avrebbe creato profonde lacerazioni nel Pci e indotto, in nome di pretesi superiori interessi politici, a non scorgere con lucidità le responsabilità di esecutori e mandanti, le collusioni sino alle complicità in seno agli apparati dello Stato.

Torno idealmente accanto a quel letto dove l’ho ritrovata. Eccolo di nuovo il suo bel sorriso, in un volto che per una sorta di miracolo, è rimasto sino all’ultimo luminoso. Soprattutto quando il mio amarcord dei tempi dell’Unità le ha riproposto nomi, volti, l’album di una vita accompagnata da un forte senso del bene comune. Allora le forti strette della mano mi hanno segnalato, inequivocabili, a più riprese, il segnale di condivisione. Accompagnato da un bacio lanciatomi dopo una lunga rotazione del braccio, come volesse comprendere altri oltre a me.

Che Vanja mi perdoni, ovunque si trovi, se ometto il suo cursus honorum. Altri lo faranno.

A me resta, indimenticabile, quell’addio. Che la terra le sia lieve.

Il ricordo di Oreste Pivetta su “Strisciarossa”