Faticosamente conquistato nel 1970 con una Legge, la n. 898/1970, sottoposta nel 1974 al giudizio del popolo mediante un Referendum abrogativo nel quale quasi il 60% degli italiani si pronunciò per il suo mantenimento, il divorzio nel 2015, con la Legge n. 55/2015 è stato riformato accorciando il periodo di separazione necessario acciocché due coniugi possano decidere di sciogliere definitivamente il legame contratto al momento del matrimonio.
Diritti
La riforma del cosiddetto Divorzio breve, dà diritto ai componenti di una coppia che, unitamente o disgiuntamente, facciano istanza di divorzio, di ridurre da 3 anni (36 mesi) a 6 mesi in caso di divorzio consensuale, e a un anno (12 mesi) in sede giudiziale, il periodo che deve decorre, dalla separazione dei due coniugi perché si possa definitivamente sciogliere l’atto pattuito con le nozze.
Immutate restano invece le possibili cause di divorzio, confermando in toto quanto previsto dalla previgente legislazione in materia.
Tanto l’istituto del Divorzio ordinario quanto quello breve fanno venire meno una serie di diritti, tra i quali quello all’assistenza morale e materiale da parte dell’ex coniuge, ma in entrambi i casi ne vengono garantiti altri, come quello del coniuge che non riesca, per ragioni oggettive, a reperire le sostanze necessarie a provvedere al proprio mantenimento, di ricevere un sostegno materiale, sotto forma di “assegno divorzile” da parte del coniuge avvantaggiato sotto il profilo economico. L’entità di tale assegno viene commisurata al reddito di quest’ultimo ed al contributo che ha fornito alla formazione dei beni familiari.
Allo stesso modo l’ex coniuge avrà diritto, purché non abbia contratto nuovo matrimonio, ad una quota pari al 40% del Trattamento di fine rapporto (TFR) dell’altro per gli anni in cui rapporto lavorativo ora cessato e matrimonio sono stati coincidenti.
I diritti successori – vale a dire quelli che garantiscono il trasferimento dell’eredità di un individuo in caso di morte primariamente al coniuge – si perdono con il divorzio, e tuttavia dalla vigente normativa è previsto che se l’ex coniuge superstite versi in stato di difficoltà benefici di un assegno a carico dell’eredità commisurato allo stato effettivo di bisogno e all’entità del lascito ereditario.
Il diritto al divorzio breve sussiste anche all’interno delle Unioni Civili e delle coppie conviventi: possono chiedere il divorzio dopo 3 mesi di separazione anche nel caso in cui uno solo dei due soggetti palesi all’Ufficiale di Stato Civile la propria intenzione di separarsi, senza l’accordo del partner.
Lo scioglimento breve è contemplato anche in caso di morte o dichiarazione di morte presunta del partner, così come in caso di dichiarazione di rettifica dell’attribuzione sessuale di uno dei due.
& Doveri
Il principale dovere che si configura in capo ai soggetti divorziati è ovviamente legato, nel caso ve ne siano, al mantenimento e all’istruzione dei figli. Visto dal punto di vista dei diritti, esiste il diritto della prole al mantenimento, alla cura, alla tutela della prole. Lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio infatti non fa venire meno questi doveri fondamentali da parte di entrambi i genitori verso i figli minorenni in particolare ma anche verso quelli maggiorenni non autosufficienti.
I doveri di entrambi i coniugi nei confronti dei figli e quindi, con questa finalità, nei confronti anche dell’ex coniuge, si sono espansi con l’introduzione della Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 che ha sancito come regola generale per l’affidamento dei figli il criterio della bigenitorialità e cioè l’affidamento congiunto della prole, la quale ha dunque diritto ad un rapporto continuativo e stabile con entrambi i genitori; madre e padre devono permettere e incoraggiare un rapporto sano dei loro figli con l’altro genitore. Rispetto agli anni antecedenti il 2006, in cui era prassi consolidata l’affidamento della prole alla madre, ora anche il padre ha il diritto, ma anche il dovere, di occuparsi dei figli, sia contribuendo economicamente alle loro necessità materiali, che investendo tempo ed attenzione alla loro crescita.
Quantunque il coniuge economicamente più debole abbia diritto, come si è visto, al sostegno per il proprio mantenimento mediante l’assegno divorzile, è suo dovere attivarsi perché quello non sia una rendita che lo esonera dalla produzione di reddito che è un diritto dovere di tutti i cittadini. Infatti la citata Legge prevede che l’assegno sia commisurato all’impossibilità oggettiva o soggettiva di procurarsi propri mezzi di sostentamento.