CRITICA MOSTRE

I “tempi interessanti” di Peishuo Yang

Quando gusto e imprenditorialità s'incontrano: storia di MA-EC, una galleria d'arte cinese in Italia
L’artista iraniana Tannaz Lahiji

La vicenda è significativa, tipico esempio di come la presenza cinese in Italia sia dinamica, per nulla codificabile: racconta come sia nata una galleria d’arte a far da ponte tra Firenze prima, poi tra Milano e il Paese del Dragone, non solo dal punto di vista degli assunti culturali, ma anche per quanto riguarda il mercato. La MA-EC (Milan Art & Event Center) è la felice invenzione di una giovane imprenditrice cinese, Peishuo Yang, che ha visto lontano: da Tian Jin, metropoli di circa quindici milioni di abitanti nel nord est della Cina, Pei – così la chiamano gli amici – convince la famiglia a lasciarla venire a studiare in Italia. Residente dal 1977, studia Lettere e Filosofia, quindi si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2008. Nello stesso anno, con le idee già chiare, fonda la società Present Contemporary Art, con l’intento preciso di stabilire relazioni tra l’Italia e la Cina, il cui mercato dell’arte è in grande espansione. La scelta di occuparsi anche di marketing, per Peishuo, fa sicuramente la differenza: nel 2011 apre la sua galleria nel capoluogo toscano, nel 2013 si trasferisce a Milano, nel cuore operativo per le transazioni artistiche, a livello nazionale ed internazionale. Nasce così MA-EC. Una galleria d’arte, certo, ma non solo; anche una piattaforma interattiva, centro d’incontri per valorizzare la creatività e gli scambi, organizzare eventi e favorire sinergie. Di recente, ha traslocato a due passi dal Duomo, nel prestigioso Palazzo Durini.

TESSERE ha incontrato Pei a Venezia, dove è venuta ad inaugurare la mostra collettiva Pei’s World. A brief history of a Chinese gallery in Italy, alla Palazzina Modelli, Spazio Thetis dell’Arsenale (aperta fino al 24 novembre di quest’anno): un’esposizione dedicata agli artisti, provenienti da tutto il mondo, che MA-EC rappresenta in esclusiva. Pei è cortese, professionale; una vena d’emozione si coglie appena nello sguardo con cui controlla ogni dettaglio dell’allestimento, a rivelare che la sua è una passione, che crede nei lavori che ha scelto e negli artisti che promuove: «C’è tanto spazio in Cina per l’arte occidentale – spiega – e, nel tempo, si vanno intensificando le possibilità di contatto. Allo stesso modo, il mercato cinese, in crescita, anche se ancora meno regolamentato di quelli occidentali, offre un bacino di utenza altrettanto vasto».

L’operazione è complicata, ma piena di fascino e sorprese, soprattutto se si fa l’inventario della rappresentanza di MA-EC a Venezia. L’esposizione, curata da Luca Beatrice, assembla esponenti di tendenze diverse – tutti di livello –, con una precisa scelta cosmopolita, e offre un’efficace cartina di tornasole della situazione contemporanea; un melting pot di eccellenze. Il giovane Afran (Francis Nathan Abiamba), nato in Camerun, ma presente in Italia dal 2009, ha scelto la tela denim per esprimere il proprio concetto di energia; la formula di Einstein E=mc² diventa E>mc2 – «casual è l’abbigliamento, casual la prassi», scrive Beatrice : il ritratto in tondo dello scienziato padre della relatività – tutto tasche, fenditure e cerniere – ha in sé qualcosa di un Arcimboldo dei nostri giorni. Lontano, invece, da ogni attrattiva pop, il lavoro impalpabile (alberi, intere foreste su veli di seta) del colombiano Jorge Cavelier: personaggio elegante, dal respiro internazionale, ma ben radicato nella tradizione naturalistica latino-americana. Il messaggio di Cavelier, in El Dorado. La leggenda, è un appello assoluto a riconsiderare le radici, l’interconnessione vitale degli elementi.

Peishuo Yang presenta al pubblico anche un’artista iraniana, Tannaz Lahiji, fiorentina di adozione, autrice del percorso a più tappe Riflessioni su Dante, appena conclusosi nelle sedi storiche di palazzo Vecchio, Palazzo Bastogi e Museo Casa di Dante a Firenze. La sua installazione veneziana, dal forte impatto visivo, ricorda il portale di un’antica moschea persiana e rappresenta un’immensa cascata di ghiaccio, riflessa nella traccia di tessere turchesi. Vicino all’opera di Tannaz, per la portata concettuale – arte visibile, ma anche profondamente evocativa, sintesi di antico e contemporaneo, teatralità e racconto –, i lavori dell’italiano Giorgio Piccaia che ritorna alla tela dipinta. Il suo trittico Iside è costruito su grafismi frattalici e usa l’oro come punto di luce: più che informale, la sua è una pittura di codici, vicina all’ideogramma.

All (Pig) is well

Due sono gli artisti cinesi in mostra: Hu Huiming, classe 1990, selezionata tra le migliori quindici fotografe nella A Curator’s Guide di BNL,  porta in Pei’s World un’installazione fortemente simbolica, intitolata The Wall. Ancora un muro: ogni mattonella di cemento nasconde un libro pressato, a cui non si potrà più accedere. Lo spunto è legato ad un preciso avvenimento storico, quando la nona generazione di Confucio nascose molti testi classici in un muro, per salvarli dal rogo deciso dall’imperatore Qin Shihuang. Forti, in quest’opera, sono il richiamo alla libertà ideologica, la denuncia di ogni censura. L’altro artista, originario della Cina, ma ormai noto anche in occidente, è il designer Ma Cong. La sua ironia, fulminante, si esercita su modi e mode del contemporaneo. Allo Spazio Thetis presenta una serie di installazioni intitolate All (Pig) is well, dove gioca sull’omofonia in cinese tra “all” (tutto) e “pig” (maiale). Nell’anno appunto del maiale, strettamente correlati all’ispirazione degli Emoticon, i bianchi porcellini stilizzati di Ma Cong – scagliati da una fionda gigante, usati come palloncini, a far da gelato o temperamatite  – scelgono di non sentire, non vedere, non parlare. All (Pig) is well, dunque, anche in barba al titolo della Biennale di quest’anno, quel May You Live in Interesting Times! (Possa tu vivere in tempi interessanti!) che viene spacciato come un augurio- invettiva dell’antica Cina, ma che i cinesi dichiarano di non conoscere affatto. Del resto, che i tempi fossero interessanti, e maturi, Peishuo Yang lo aveva già capito da un pezzo.