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Ikonda 3: Serpenti, morsi di donna e… iene

Terza tappa di un'esperienza trascorsa a Ikonda in Tanzania in un ospedale dove c'è molto da imparare. L'ha fatta una socia di TESSERE impegnata in un progetto di aiuto medico promosso dal Comitato Collaborazione Medica (CCM), una Ong fondata nel 1968 da un gruppo di medici torinesi impegnati a garantire il diritto alla salute e l'accesso alle cure alle persone più vulnerabili nei paesi più poveri. Oltre che in Tanzania è presente in Burundi, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan e Uganda.

Terza tappa di un’esperienza trascorsa a Ikonda in Tanzania in un ospedale dove c’è molto da imparare. L’ha fatta una socia di TESSERE impegnata in un progetto di aiuto medico promosso dal Comitato Collaborazione Medica (CCM), una Ong fondata nel 1968 da un gruppo di medici torinesi impegnati a garantire il diritto alla salute e l’accesso alle cure  alle persone più vulnerabili nei paesi più poveri. Oltre che in Tanzania è presente in Burundi, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan e Uganda.

BARBARA GREPPI

Un giorno siamo dovuti intervenire d’urgenza per medicare una donna incinta. Questa volta non si trattava di una patologia drammatica, o incurabile, o difficile da affrontare, o particolarmente esotica. E neanche, del morso di un serpente (ne ho già visti ben due: di casi, non di serpenti!).

Si trattava della banale medicazione di un braccio, morsicato sì… ma da un’altra partoriente! Ecco la storia.

Le fortunate che riescono ad organizzarsi e a reperire i mezzi per partorire qui hanno a disposizione un dormitorio con annessa cucina in cui aspettare il travaglio, momento in cui vengono propriamente trasferite in ospedale.

Il dormitorio è subito fuori dall’ospedale, una sistemazione quindi perfetta. Il caso ha però voluto che finissero vicine di letto due gentili creature provenienti da due villaggi confinanti e in rapporti, come dire, piuttosto tesi. L’una avendo deciso di essere stata infamata dall’altra, si è prodotta in un bellicoso agguato con morso…

È dovuto intervenire padre Tesha per separarle, noi per medicare la morsicata e tre ore di spiegazioni per calmare morsicata e morsicante su possibili contagi HIV (per fortuna, due sieronegative).

In tema di HIV, c’è un’altra storiella tragicomica: il signore con ictus emorragico di cui ho già raccontato, sta sopravvivendo, mirabilmente accudito dalla moglie scricciolo, che ha anche trovato i mezzi per trasferirlo in una stanza privata. È in stato vegetativo, ma indubbiamente vivo.

La moglie scricciolo, con grande titubanza e chiaramente vergognandosi tantissimo, è venuta a chiederci se potevamo eseguire il test HIV sul marito! Abbiamo cercato di spiegarle che, semmai, aveva senso fare il test su di lei, ma non c’è stato verso. Vorrei tanto riuscire almeno a intuire come e cosa questa donna stia immaginando dell’HIV.

La settimana è volata. Ormai, Nzowa e io siamo un team affiatato. Abbiamo avuto un ingresso epidemico di cirrosi epatiche all’ultimo stadio, senza riuscire a spiegarci perché tutte insieme; sono tutti uomini giovani con epatiti B o C, e dalla pancia che hanno sembrano al nono mese di una gravidanza gemellare. Noi possiamo solo improvvisarci idraulici, drenare via qualche litro di ascite che immancabilmente si riformerà con feroce rapidità, riempirli di diuretici sperando di non scompensarli troppo, fare “counseling” e dimetterli.

Il “counseling” consiste nel dargli un paio di pacche sulle spalle e comunicargli, in stanze perlopiù iperaffollate, che non possiamo fare di più e che la loro speranza di vita è ai minimi termini.

Nzoa, sensibile e intelligente, cerca almeno di mantenere un minimo di privacy, ma non sempre è fattibile. Ieri, poi, si sono accumulate talmente tante emergenze, che ci siamo dimenticati di un poveretto in attesa di verdetto / dimissione nella Examination Room, l’unica al riparo da orecchie indiscrete. L’abbiamo ritrovato dopo qualche ora, per fortuna addormentato sulla sua pancia, su una sedia di improbabile comodità.

A ricompensarci di una giornata tesa, e a giustificarci della dimenticanza, è arrivato il difficile recupero di un ragazzino entrato in coma iperglicemico. Aspra battaglia, ma ce l’abbiamo fatta. Ora, sarà da sconfiggere l’infezione che ha svelato il suo grave diabete e, soprattutto, dovremo trovare una gestione di questa infausta cronicità compatibile con l’organizzazione sanitaria in Tanzania.

A concludere la settimana, ieri è anche giunto un messaggero divino: non sto scherzando, è un aggressivo ragazzino ventenne, arrivato con segni inequivocabili di psicosi, annunciandoci che è stato inviato da Dio per debellare l’AIDS. Magari!

Abbiamo passato vari giorni trepidando in apnea: finite le scorte di sangue, con un paziente ad alto rischio, in sospeso ormai da giorni, inoperabile per l’anemia; finiti i farmaci antitubercolari, in un paese in cui si inciampa ogni due passi nella tbc.

Come dice Nzoa, se gli antitubercolari sono finiti a Ikonda, vuol dire che mancano in tutta la Tanzania. Prima di dover fare scelte crudeli, Manuela, formidabile braccio destro di Padre Sandro, nonché farmacista, riesce a reperire ambedue.

Sono inoltre arrivati da qualche giorno altri due medici italiani. Pur essendo veterani, segnalano con una qualche apprensione l’avvistamento di una probabile iena nei paraggi delle nostre casette-alloggio. Con buona pace di tutti, nella mia distrazione / incoscienza io “inciampo” poco dopo nella “iena”, lo spaventatissimo cane di un tecnico radiologo che abita subito fuori dal perimetro ospedaliero. Siamo diventati amici…

3 Segue

Ikonda 1: L’insegnamento della donna scricciolo

Ikonda 2: Quando una pisciata ha del miracoloso

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